A Rimini
«Ecomondo», rifiuti organici ed energia: il Sud regala risorse al Nord
Pochi impianti (anche in Puglia) fanno lievitare i costi
RIMINI - La raccolta differenziata, ormai, è destinata a diventare uno «spot» perché il vero terreno di confronto sulla transizione ecologica è rappresentato dal riciclo ma sopratutto dal riuso dei rifiuti Dunque, chi oggi snocciola numeri trionfalistici di raccolta differenziata dovrebbe al tempo stesso far «parlare» i dati indicando che fine fanno quei rifiuti «selezionati», raccolti talvolta con costi non secondari a carico dei cittadini. Un nodo tornato di attualità con la crisi energetica, leggasi dipendenza dal gas, che ha fatto riaffiorare ad esempio il problema della carenza degli impianti di compostaggio marcando la netta separazione tra Nord e Sud. E regioni come la Puglia, purtroppo, continuano a mandare i rifiuti al Nord perché non sono in grado di «trattenere» questa risorsa e trasformarla in ricchezza per il proprio territorio. Un «limite» che continua ad arricchire le regioni settentrionali traducendosi in un costo per la collettività attraverso i costi sostenuti dagli enti per i costi delle tariffe. Uno scenario confermato dai dati snocciolati da Utilitalia, la Federazione che riunisce le imprese dei servizi pubblici dell'acqua, dell'ambiente, dell'energia elettrica e del gas in Italia, nel corso della Fiera del green a Rimini (Ecomondo e Key Energy). Per rispettare gli obiettivi europei e annullare l’export di rifiuti tra le aree del Paese, servono almeno 30 impianti per il trattamento dell’organico e il recupero energetico delle frazioni non riciclabili da circa 6 milioni di tonnellate.
Ma c’è anche l’altra faccia della medaglia: il mancato recupero energetico. La realizzazione di nuovi impianti comporterebbe ulteriori vantaggi, contribuendo alla decarbonizzazione: oltre al risparmio energetico dal riciclo, si ridurrebbero le emissioni climalteranti delle discariche e del trasporto rifiuti. A questo si aggiunge la (mancata) produzione d biometano ottenuto attraverso il trattamento dell’organico.
Per raggiungere l’obiettivo europeo, l’Italia dovrebbe riuscire a trattare 10 milioni di tonnellate di organico che, se interamente avviate a un processo di digestione anaerobica e tutto l’output convertito in biometano, produrrebbero circa 1,1 miliardi di metri cubi di biometano, l’1,5% del totale del gas consumato in Italia annualmente (75 miliardi di metri cubi).
Dati in controtendenza rispetto d altri rifiuti differenziati come, ad esempio, l’alluminio, che per il 67% rinviene dal riciclo (fonte Cial, Consorzio nazionale imballaggialluminio). Nel 2021, sono state riciclate 52.900 tonnellate che hanno evitato emissioni serra pari a 371mila tonnellate di CO2 e di risparmiare energia per oltre 159mila tonnellate equivalenti petrolio (tep).
Buone le performance anche per il riciclo della carta che registra una media di 60 kg per abitante anche se in discarica ne finisce ancora parecchia (800mila tonnellate su 3,6 milioni). Per questo, l’obiettivo di Comieco, il Consorzio di riferimento è «aiutare i Comuni a ridurre questo inutile spreco di risorse».
Tutto, naturalmente, ruota attorno a una macchina burocratica che da un lato è talvolta troppo «rigida» e dall’altro si muove secondo norme poco chiare, non aggiornate o talvolta inesistenti, oppure con regole UE che arrivano dall’alto ingenerando non pochi problemi operativi soprattutto a chi deve pianificare investimenti importanti. L’ultima «mina», in ordine di tempo, è il regolamento UE sugli imballaggi (che dovrebbe essere sdoganato entro fine mese) sul quale proprio ieri il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, e il suo collega delle Imprese, Adolfo Urso - intervenendo in videocollegamento a Rimini - hanno raccolto la denuncia lanciata dal presidente di Confindustria a Bari e hanno ribadito la linea di fermezza del Governo in difesa delle imprese italiane. L’Italia, insomma, risponderà con un secco «no».