L'intervista

Walter Veltroni a Martina Franca: «Narro anni formidabili ma senza nostalgia»

Pasquale Bellini

Il 4 dicembre lo spettacolo «I Favolosi Sessanta» tra parole e musica

Lo confessi, Walter Veltroni, lei che sta calcando i palcoscenici d’Italia e il prossimo 4 dicembre quello del Teatro Nuovo a Martina Franca col suo recital-spettacolo Le emozioni che abbiamo vissuto-Gli anni ‘60, quando tutto sembrava possibile, lo confessi: il suo è tutto un Amarcord basato sulla «nostalgia canaglia»?

«Ma neanche per idea! Intanto penso che la nostalgia, canaglia o meno che sia, è un sentimento tutto personale e individuale, mentre il mio percorso “negli ” anni ‘60 è una riflessione, perché no? alquanto collettiva e generale su un periodo cruciale per la società italiana, un periodo di effettiva rinascita sociale, culturale politica per un’ Italia che solo 15 anni prima del 1960, nel ‘45, usciva dalle macerie fisiche e morali di una guerra perduta, dopo vent’anni di fascismo. Più che nostalgia, una riflessione su un decennio pieno di energia positiva, di volontà di riscatto e d’ innovazione. In tutti i campi. Cinema, tv, canzoni (pensiamo ai Beatles!), con gente come Giovanni XXIII, Kennedy, fra le Olimpiadi a Roma nel ‘60 e la legge sul divorzio nel ‘70. Non nostalgia, bensì analisi.»

Ma lei Veltroni lo sa che mi ha bruciato la bella domanda che mi ero preparato, in memoriam di quella di Gaber sulla differenza politica fra la doccia e il bagno in vasca, cioè se la nostalgia sia cosa di destra o di sinistra?

«Né di destra né di sinistra, la nostalgia riguarda fatti individuali. Le emozioni che abbiamo vissuto questa mia cavalcata lungo gli anni ‘60 e che comprende fatti, personaggi, musiche, immagini, oggetti di allora, punta piuttosto a suscitare energia positiva, uno spirito, che so? addirittura di emulazione verso un periodo certamente, rispetto ad oggi, più positivo e propositivo della nostra storia. Non che allora si vivesse meglio, anzi dal punto di vista economico e delle condizioni generali di vita si è progredito: quello che fa la differenza, oggi rispetto ad allora, è un senso di delusione, di disincanto generale e di chiusura. Manca forse la speranza, a differenza per l’appunto di quegli Anni ‘60, quando tutto sembrava possibile.»

Ma siamo così messi male? Non vede, lei Veltroni che ha attraversato la politica a vertiginosi livelli e che poi ha preferito «fare cultura», una qualche possibilità di svolta e «rinascenza» per questa Italia che ci è data?

«Sono in atto, ritengo, dei barlumi di risveglio civile, specie fra i giovani: vedi tutta la mobilitazione per il conflitto a Gaza e per la Palestina, vedi l’attenzione ai temi dell’ambiente e dell’ecologia, oppure il risentimento civile generale contro la violenza sulle donne. Si può continuare a sperare. Gli anni ‘60 sono lì, a dirci che si può risorgere dalle situazioni di depressione e di sconforto, altro che.»

Ma nel suo recital, a parte i problemi universali o la dimensione generalista, fra Kennedy e Papa Giovanni, Beatles e canzoni e film, ecc. compaiono anche momenti personali, episodi della sua biografia, lei che allora era un ragazzo o poco più?

«Ma certo che tutto parte anche da mie esperienze personali, con aneddoti aventi a che fare con la mia famiglia, con mio padre dirigente Rai, con mio nonno e i ricordi della Resistenza da parte di uno che era stato torturato a Via Tasso: ma il personale può e deve diventare generale, per offrire una narrazione in grado di porsi come propositiva, niente affatto fine a se stessa.»

Ora mi rivolgo all’attore Veltroni, uno che sfida sul palco il pubblico a non scivolare pericolosamente nella noia, la grande nemica. Come si sente in ribalta? Come sta andando questa tournée?

«Io sul palco mi ci ritrovo piuttosto a mio agio, in compagnia e in accompagnamento, devo dirlo, con l’ ottimo e giovane pianista Gabriele Rossi. Dal debutto a Brescia in febbraio, abbiamo accumulato la bellezza di 50 repliche, segno che la cosa funziona eccome. Non vedo l’ora di essere nella magnifica Martina Franca, città che ben conosco, come tutta la vostra Puglia, terra fortunata.»

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