L'intervista
«Antigone fa ancora riflettere sull’eterno conflitto tra giustizia e senso etico», Laura Pepe a Bari
Inaugura oggi il ciclo delle Lezioni di Storia al Teatro Petruzzelli
Antigone, chi era costei? La mitica figura della eroina tragica che nell’omonima tragedia di Sofocle si ribella alla ragion di Stato del re Creonte per dare degna sepoltura al fratello Polinice, viene spesso tirata in ballo quando si tratta di libero arbitrio, di «giustizia giusta». Ma Antigone chi era in realtà? Alla domanda risponderà oggi Laura Pepe, che insegna Diritto greco antico all’Università degli Studi di Milano, nella prima Lezione di Storia del 2023 in programma nelle Teatro Petruzzelli alle 11.
«Antigone e la giustizia» è il titolo della Lezione che inaugura il ciclo «La forza delle idee», tema che sarà declinato fino al 10 dicembre da storici, studiosi, scrittori, giornalisti. L’iniziativa è ideata dagli Editori Laterza e organizzata in coproduzione con la Fondazione Teatro Petruzzelli, con il patrocinio di Regione Puglia e Assessorato alle Culture del Comune di Bari, con il sostegno di Exprivia, Masmec e SDR. A introdurre Laura Pepe sarà la giornalista Annamaria Minunno.
Professoressa Pepe, chi era Antigone?
«Era una donna e di conseguenza un personaggio apolitico. Non prende decisioni se non per se stessa. Non fa parte del milieu della polis. Le interpretazioni che le sono state date nel corso dei secoli sono molto diverse rispetto all’immagine che gli spettatori del 442 a. C conoscono nel momento in cui la tragedia di Sofocle viene rappresentata sulla scena del teatro ateniese di Dioniso».
Facciamo un salto temporale notevole. Oggi perché dovremmo guardare ad Antigone?
«Ci sono due risposte possibili a questa domanda. Come viene vista Antigone nell’immaginario collettivo secondo la rappresentazione dell’imperativo etico che va al di là della legge contingente, tanto che le sue fattezze vengono prese da donne che hanno avuto la forza di sfidare un’autorità maschile. Pensiamo a Greta Thumberg con il suo discorso alle Nazioni Unite, e a Carola Rackete quando forzò i posti di blocco a Lampedusa. Questo è il nostro immaginario collettivo. Come invece dovremmo vederla oggi? Come un personaggio che ci induce a riflettere tutte le volte su cosa sia la giustizia. Sofocle come tutti i tragici è grandioso proprio perché non dà risposte ma formula domande a cui tutti noi dobbiamo rispondere riflettendo. L’Antigone di Sofocle non è un personaggio a tutto tondo positivo, anzi, per una buona parte della tragedia è addirittura negativo. Questo noi non lo percepiamo, gli ateniesi dell’epoca lo percepivano benissimo».
Nell’opera di Sofocle, Antigone stessa dice di non essere nata per condividere l’odio, ma l’amore. Nei fatti però non è così.
«Qui c’è da sollevare la questione della traduzione, che è sempre un tradimento del testo originario. Il termine greco, filos, è molto ambiguo perché vuol dire una persona cara che ci si è scelti, ma anche una persona che ci è vicina per parentela di sangue. Quindi lei non sta dicendo io voglio amare il mondo ma voglio amare mio fratello e quindi lo voglio seppellire. Il suo gesto non è un gesto di imperativo etico perché lei lo dice benissimo “non sarei mai contravvenuta al decreto di Creonte se si fosse trattato di un’altra persona, l’ho fatto perché era Polinice mio fratello. Questa è un’altra complessità del testo che noi moderni non vediamo. In realtà forse lei odia tutti, e ama solo il fratello Polinice».
Perché ha scelto di parlare di Antigone?
«Perché Antigone fondamentalmente non è un personaggio nel quale mi riconosco. Tutti ne parlano bene e siccome la mia tendenza è sempre un po’ quella di smitizzare ciò che noi crediamo mito, mi è sembrato giusto che la percezione del grande pubblico di un tema che per noi specialisti è abbastanza scontato, cioè che Antigone non è l’emblema della giustizia, fosse importante. Di solito affronto temi che il grande pubblico dà per scontati e ne voglio invece illustrare la complessità. Nulla che riguarda la Grecia antica è mai semplice».