L'intervista
Antonio Albanese: «La mia lirica? Struggente e modernissima»
L'attore debutta al Petruzzelli di Bari venerdì 18 con la regia dell’opera «Don Pasquale» di Donizetti
«L’opera lirica? È un evento modernissimo. Musica, coro canto, c’è dentro tutto. Lo dico da spettatore, prima che da attore o regista: il teatro è un luogo sempre d’avanguardia, rispetto alla vita che corre sui social, nei video, sulle piattaforme. Un gruppo di persone realizza qualcosa di reale sul palco, ed è una magia che poi svanisce. Impossibile non comprendere quanto sia moderno oggi, tutto questo». Quando parla di opera lirica, Antonio Albanese sa essere coinvolgente ed entusiasta. E vorrebbe gridarlo soprattutto alle giovani generazioni, perché il teatro ha bisogno di conquistarle. D’altra parte chi conosce bene un artista completo come Albanese (capace di trasformare in oro tutto ciò che tocca da oltre trent’anni, tra televisione, cinema e teatro), sa che da lui non ci si può che aspettare visioni e concetti illuminanti.
Stavolta è tornato a Bari in veste di regista per Don Pasquale, il capolavoro di Gaetano Donizetti che da venerdì 18 novembre, alle 20,30, va in scena al Teatro Petruzzelli per la stagione d’opera dell’Ente Lirico barese (e in replica il 19, 20, 22, 23 e 24 novembre, biglietti in vendita al botteghino del teatro e su vivaticket.it, infotel: 080.975.28.10): un allestimento scenico della Fondazione Arena di Verona, con Renato Palumbo sul podio a dirigere l’Orchestra della Fondazione Petruzzelli, le scene di Leila Fteita, i costumi di Carola Fenocchio da un’idea di Elisabetta Gabbioneta, il disegno luci di Paolo Mazzon.
A dar vita allo spettacolo il doppio cast formato da Carlo Lepore e Adolfo Corrado (Don Pasquale), Giorgio Caoduro e Biagio Pizzuti (Dottor Malatesta), Levy Sekgapane e Alasdair Kent (Ernesto), Veronica Granatiero e Paola Leoci (Norina), David Cervera (Un Notaro).
Al centro della storia l’anziano Don Pasquale, che vuole diseredare il nipote Ernesto: costui è innamorato della bella Norina e non accetta di sposare un’altra donna che lo zio avrebbe individuato per lui. Così, Don Pasquale decide di sposarsi egli stesso. Ma il Dottor Malatesta, amico di famiglia, predispone un piano per permettere ai due giovani di unirsi in matrimonio, senza incorrere nelle ire del ricco zio.
«Trovo il Don Pasquale struggente - spiega Albanese -, è nota come opera buffa, ma i personaggi sanno essere comici e malinconici al tempo stesso. I miei sono particolarmente graffianti: attingono dalla tradizione popolare, sono maschere immerse in una trama antica e ben rodata, ma capaci di elevarsi al rango di archetipi, quanto mai riconoscibili per la loro attualità».
Anche nell’opera lei sembra profondere tantissime energie.
«L’ho sempre amata. Tutto è iniziato nel febbraio 2001, quando ho debuttato alla Scala di Milano come interprete di Pierino e il lupo di Prokofiev. Ho insegnato poi recitazione lì in Accademia, nel 2002 ero voce recitante in Buffa Opera, sempre alla Scala con le musiche di Luca Francesconi. Fino al debutto vero e proprio come regista lirico sempre con Donizetti, ne Le convenienze ed inconvenienze teatrali nel 2009. Ed ora il Don Pasquale, un’opera che amo e ho studiato tanto, e che cerco di interpretare con grande rispetto. Non mi interessa primeggiare come regista, è l’opera che deve venir fuori».
Dove è ambientata la scena?
«Si apre in una cantina, con un tocco metafisico. Poi c’è una grande vigna: in fondo, se ci pensiamo, il vino è sempre esistito: è un simbolo antico e moderno. E questa messa in scena omaggia il classico e il contemporaneo».
Da attore è molto attento ai movimenti sul palco?
«Vi faccio un esempio: quando Norina dà una sberla a Don Pasquale, non può sedersi subito. Deve “sentire” ciò che ha fatto. Sarà poi il silenzio carico di tensione del pubblico ad accompagnarla su quella sedia».
Quanto le piace lavorare a teatro?
«Sono nato in un condominio, da una famiglia normalissima. Come si fa a non godere anche saolo entrando in un teatro? Perciò dico ai giovani quanto sia bello questo mondo dell’opera lirica. Anzi, vi do un consiglio sul Don Pasquale: lasciatevi sempre andare, perché è un’opera bellissima».