Cronache del distanziamento

Dialogo tra due poetesse del ‘900

Giuseppe Lagrasta

Le parole che curano: Giuseppe Lagrasta immagina un incontro sul potere dei versi

Un pomeriggio d’estate sul mare, una dolce brezza e il tempo sospeso, in attesa delle ombre. Alda Merini è sulla spiaggia con la poetessa Amelia Rosselli e discute con lei della natura della poesia e della scrittura poetica.
Amelia, negli ultimi tempi, ha smesso di scrivere e non riesce a spiegarsi come tutto ciò sia potuto accadere. E rivolgendosi all’amica chiede: “Perché quando mi prende il desiderio di scrivere sento che qualcosa dentro di me si oscura facendo sfuggire la raccolta delle parole e delle immagini ? Sento che le parole colludano con le immagini, e ironiche, scappano via.”
Alda interessata a quell’interrogare, risponde: “Accade anche a me, che in un attimo, mentre penso di scrivere, tutto mi sfugge dalla mente; e allora stringo i denti e faccio attenzione: misuro il pensiero che mi prende e mi avviluppa e lo rapporto alle tensioni del cuore. Sai perché le parole della poesia, spesso fuggono via? Perché le parole e le cose sono libere rispetto agli uomini e alle donne. Vivono nell’aria, viaggiano con le nuvole, sono invisibili e si nascondono sulla pelle degli orizzonti. Posano il capo sul cuore degli aquiloni, sorridono ai clown e ai saltimbanchi, agli gnomi e alle lucertole. Viaggiano ad ogni ora tra le stelle del firmamento; a volte meravigliano perché giocano sull’altalena con le onde. Ecco si scrive proprio quando tutto sembra smarrirsi e si rimane con le mani vuote.”

“ Certo Alda - capisco il senso delle mani vuote - , lo smembrarsi dei pensieri, ma sento che non riesco a contenere lo sbriciolarsi delle parole. Vorrei essere come te.”
E Alda, con calma, risponde: “Partire dalle mani vuote e saperle riempire, queste mani. Le mani sono come ceste per ciliegie. Proprio quando sembrano finire c’è sempre qualcuno che te ne offre altre.”
“ E noi, noi – sospira Alda – siamo creature delle nebbie, devote a un dio selvaggio che ci nutre e ci opprime, ci rallegra e ci sfianca.” Il sole scende lentamente sul mare, le onde sono calme e tranquille, sorridono alle ore della sera, in attesa delle voci e degli incontri, delle risa e delle feste sul mare. Ma nel turbinio dello scorre del tempo, Amelia riflette, e le ultime affermazioni di Alda la intrigano. E così risponde: “Le parole sembrano buttate lì, per caso, mentre ti inducono a pesarle, a rielaborarle perché dette in fretta; parole che spesso fanno del male o aiutano a guarire. E poi il dio selvaggio, le sue opinioni sui poeti, le sue magiche alchimie.”
“Sì, è così – risponde Alda - Le parole possono essere armi contundenti o trasformarsi in zolle di zucchero. Dipende da come sono dette e con quale tonalità. Così ci sono le parole che guariscono e le parole che ammalano, le parole che difendono e le parole che offendono. Dipende da chi le dice, e cosa vuole ottenere con quello che sostiene.”
“Certo, certo – risponde Amelia – le parole sono terribili oggetti ma possono essere note musicali.” “ Le emozioni dei poeti – aggiunge Alda – sono segni che curano le nostre fragilità e trovano occasioni per insinuarsi nelle vene, allontanando il veleno della routine dagli orizzonti.”

Amelia è inquieta. Vede Alda che fuma e fumando, nota che si tranquillizza, si rasserena, entrando nel vivo dei discorsi. Il sole ormai tramonta, gettando i suoi capelli raggianti nel corpo marino. Alda ed Amelia sono molto diverse. Mentre Amelia è fragile e dolente e anche ironica, e spesso non riesce a reagire ai mali della vita.
Mentre Alda tenta di dissodare gli eventi e curvarli a modo suo. E’ un modo diverso di affrontare la vita. Le due amiche lasciano la spiaggia e si rifugiano sullo chalet per gustare cibo mediterraneo e vino di Puglia. E così Alda riprende: “Le parole sono fatte d’acqua e di sole, di luce e di ombre; abitano il teatro dei giorni ma poi si disperdono nei mari della luna e spetta al poeta andare sulla Luna e raccogliere quelle che a lui serviranno per un altro poema.”
E Amelia: “Ho vissuto momenti della mia giovinezza in cui le parole erano ferme e precise. Poi, come un gioco sognante le parole mi prendevano e mentre le scrivevo si disfacevano sul mare della carta bianca. Era sopraggiunto il momento dello zero della scrittura. Una specie di errore, non voluto, segni e cifre che chiedevano di essere esonerate dal loro significato primo. E ne assumevano altri di significati. Pier Paolo è stato il primo a sottolineare l’aspetto della mia scrittura piena di lapsus. La mia poesia è stata connaturata da meditazione e sofferenza, ma anche agganciata ad uno spirito rivoluzionario, sempre alla ricerca continua di una verità. Ho trascorso la mia vita tra variazioni belliche: capire i segni del destino di mio padre, di mio zio, di mia madre, capire il mio destino.”

“Amelia, anch’io ho convissuto con le ferite – afferma Alda - . Sin da quando ero adolescente ho subito ferite ma sono stata sempre innamorata della vita. Poi la poesia, con le sue beffe e gli scherzi. Corpi contundenti mi hanno avvicinata ed io ho tentato di difendermi. Solo l’amore, l’amore vero mi ha distrutto ma allo stesso tempo mi ha dato libertà e mi ha rigenerata, offrendomi nuove energie inusitate per abitare la bellezza di essere poeta ! Ho ceduto all’amore ammaliata dalle parole e dalla musica di Orfeo. E’ stato dolce seguirlo per me, conoscerlo, andargli incontro, abbracciarlo, non dividerlo con nessuno, prendere il suo veleno a me donato.” “Apprezzo la tua forza Alda – ti sento vicina - . La mia vita, invece ha vacillato tra avventurieri e corsari, eccetto Rocco, in quanto con lui ho vissuto un’amicizia delicata. E con lui nella stanza della musica ho vissuto passioni tenere e dolci, ho scoperto la libertà di pensare senza essere perseguitata. Una paura che mi ha devastato. Mi sentivo seduta sul vuoto.”

E Alda: “ Non parliamo di paure. Le paure creano mostri, fantasmi, aprono orizzonti di sangue, creano dissolvenze e preoccupazioni. Credo che come io ho amato Orfeo così tu abbia amato il divino Tiresia, perché la tua poesia è e sarà poesia divinatoria, per quel frutto che ha dato e per quelli che ancora darà. Ho sempre amato le tue partiture, lievi, leggere come un petalo di rosa, come il volgersi del girasole verso il sole.”
“Oh, Alda ti ringrazio. Quel che tu ora mi dici mi risarcisce di quanto poco è stato detto sul mio narrare poetico. Adesso, quando scrivo, l’inchiostro che scorre sulla pagina bianca esala veleno e mi soffoca e mi assale così, un nodo alla gola. Credo che ho vissuto, come anche tu, una vita, così, sotto assedio, annientata dalle ombre e da sporchi figuri che, giorno e notte, mi hanno perseguitata. E così mi hanno impedito di rielaborare il lutto per la morte di mio padre, Carlo. Il lutto per me si è rivelato come una cella in cui mi si impediva di entrare per poter così espiare i miei sensi di colpa.”
E Alda ha detto: “Ci sono nostalgie, che rendono i giorni disperati, e altre che chiedono perdono e altre ancora che coprono il cuore di insulti, ma che nutrono l’anima di felicità, annientando la logica del rancore. Cara Amelia, ci sono malinconie che aiutano a vivere d’amore e a farsi sangue, vita e carne per la libertà.”

E Amelia, annuendo, aggiunge: “Almeno per me, solo ombre del passato a raccontarmi un incompiuto silenzio senza testimoni e senza fiato. Assassini sconosciuti hanno divelto la mia infanzia, i miei giochi e l’amore per mia madre e mia nonna. Dopo, il silenzio della creatività ha assiderato i miei occhi e non sono più riuscita a vivere con il cuore rivolto alla primavera.”
E Alda ha così risposto: “Sono nata il 21 marzo con l’arrivo della primavera. E il cielo e la terra m’illuminarono. Poi pian piano un timore e tremore presero la mia anima e fuggii dalle mie terre conosciute desiderando abitare luoghi impervi e sconosciuti dove scoprire la libertà di vivere. Che dirti Amelia, col tempo ho trovato rifugio anche nella scrittura di poesie di argomenti religiosi non per scrivere esercizi edificanti. Per me quella scrittura ha abolito il frastuono che alimentava i miei giorni e mi ha reso più autonoma. Ma c’è stato un tempo, in cui il silenzio, la meraviglia del vuoto mi hanno fatto compagnia e insieme attraversammo il cuore dell’amore e la follia.“
Le amiche si salutano ripromettendosi, come da impegni assunti, di incontrare, il giorno seguente, la loro amica e mentore, Maria Corti che le attendeva ad Otranto nei pressi della Cattedrale Normanna.

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