serie b
Il Bari è a caccia di leader: Christian Gytkjaer, ci siamo?
Dall’attaccante ex Venezia e Monza ci si aspetta molto di più. Uno con la sua storia, e con il suo ingaggio (pesantuccio...), non può accontentarsi di vestire il bomber part time
Serve uno sforzo abbastanza profondo per trovare qualcosa di positivo nella prestazione del Bari contro il Cesena. La vittoria, già. Pesante, anzi fondamentale guardando a una classifica che ci mette un attimo a diventare opprimente. E poi? Molti osservatori, e anche qualche tifoso, sono riusciti a individuare una linea di demarcazione tra il primo e il secondo tempo. Fino all’intervallo è stato un pianto, qualcosa di molto vicino allo zero assoluto. E su questo non possono esserci dubbi. Diciamo che far meglio era quasi inevitabile. Ma cosa c’è stato di realmente diverso dopo quei 45’ irricevibili, almeno qui a Bari? Il punto è questo. Non s’è vista, nel complesso, una squadra più convincente. Nello sviluppo della manovra e anche della fase di non possesso. Il Cesena, che sarà bene ricordarlo non è una corazzata nonostante abbia un’ottima classifica e una rosa con buoni valori, ha continuato a essere più convincente nel modo di tenere il campo. In pieno controllo della partita, pur se forse un tantino meno preciso e, chissà, condizionato dall’essere alla terza partita in sette giorni (i biancorossi, invece, non hanno giocato per via del rinvio della partita a Castellammare di Stabia). Domanda secca: fosse finita in parità, risultato finanche stretto per i calciatori allenati da Michele Mignani, quali sarebbero stati i commenti? C’è qualcuno che avrebbe trovato il “coraggio” per cercare qualcosa di positivo in una partita del genere? Diciamo che ci sarebbe stato un plebiscito. Tutti scontenti, senza se e senza ma.
I cambi di Caserta, eccolo forse un indizio di cambiamento. Pur con una squadra in chiara difficoltà, soprattutto in mezzo al campo, il mister calabrese ha voluto spingere la squadra qualche metro in avanti schierando due attaccanti puri. Una mossa coraggiosa, va detto. Fosse anche stata quella della disperazione... non sarebbe giusto sottacerne l’importanza nell’economia della partita. Per il Cesena non è stata più la stessa cosa soprattutto perché con Gytkjaer, Moncini e poi lo stesso Cerri il Bari ha potuto riempire l’area in modo più concreto. Non è un caso che l’abbia decisa il danese, trentacinque anni suonati ma ancora in grado di sentire l’”odore” della porta. Promozione definitiva? No. Dall’attaccante ex Venezia e Monza ci si aspetta molto di più. Uno con la sua storia, e con il suo ingaggio (pesantuccio...), non può accontentarsi di vestire il bomber part time. Magalini e Di Cesare hanno fortemente puntato su di lui convinti che potesse diventare leader in un gruppo profondamente rinnovato. Finora le cose sono andate decisamente male e non solo perché un piccolo infortunio non ha consentito a Gytkjaer di impattare nel migliore dei modi con il mondo biancorosso. Quello che, d’altronde, lui può dare alla causa sta nei numeri. Due gol che raccontano di doti realizzative importanti. Con quattro punti in saccoccia, compreso quello di Chiavari al tramonto dell’ennesima prestazione scadente sotto tutti i punti di vista. Ben venga, ci mancherebbe, la prepotente capacità di incidere fornita da Moncini, con Cerofolini il miglior biancorosso nelle prime dieci giornate di campionato e non solo per le cinque reti all’attivo.
È a centrocampo, tuttavia, che si gioca la vera “partita” del Bari. Non c’è verso di trovare una credibile quadratura del cerchio. Reparto che non ha ancora trovato un’anima, scompensato da continui cambiamenti e incapace di garantire equilibrio nella gestione della doppia fase. In mezzo al campo i pugliesi sono stati inferiore a tutti gli avversari, anche ad Entella, Padova e Mantova, ovvero a interlocutori con «rose» decisamente meno costose di quella biancorossa. Inferiori in interdizione e costruzione, ecco perché la qualità delle prestazioni è lontanissima da un livello accettabile.
La prima conseguenza di questi affanni sul piano dell’equilibrio spostano l’analisi sul reparto difensivo che, a dispetto del secondo cleen sheet consecutivo in casa, continua a regalare un profondo stato di insicurezza. Nella qualità dei singoli e nelle letture di reparto. E per fortuna si è deciso di rilanciare un vecchio “marpione” come Pucino, uno che mette la fascia da capitano e indossa l’elmetto qualsiasi avversario si ritrovi di fronte. Difficile, oggettivamente, essere d’accordo con Caserta quando sostiene che il Bari “ha concesso poco”. Il Cesena ha avuto due occasioni clamorose e almeno altre quattro situazioni molto pericolose, pur gestite senza qualità. E non occasioni qualsiasi, piuttosto chances che in serie B, con l’equilibrio che regna sempre più sovrano, sono merce rarissima. Se questa è una partita positiva sotto l’aspetto difensivo... è la prova che la strada che il Bari ha davanti è ancora lunghissima e di un complicato pazzesco.