serie b

Calcio, Regalia: «Bari non porti limiti, la A dev’essere il chiodo fisso»

Davide Lattanzi

L'ex diesse biancorosso: «È un tecnico che mi piace molto, lo seguo da quando allenava il Foggia. Saprà trovare l’assetto migliore per il gruppo»

BARI - «Non perdere è una grande virtù: il Bari ha il potenziale per arrivare lontano». Anche se i biancorossi in classifica sono fuori dai playoff, Carlo Regalia non si mostra pessimista sulle prospettive di un campionato evidentemente non ancora decollato per i pugliesi. L’ex dirigente che con i Galletti ha trascorso una «vita», in tre vesti differenti (da allenatore dal 1972 al ‘74, da direttore sportivo dal 1977 all’83, quindi la parentesi più lunga da direttore generale dal 1993 al 2003) non perde mai di vista il suo amore più grande. «La partita del Bari per me è irrinunciabile», afferma il manager di Gallarate, architetto del «Bari dei baresi» che sforò la A nel 1982, nonché scopritore di una miriade di talenti approdati ai vertici del calcio italiano (il campione del mondo Zambrotta, ma anche Sala, De Ascentiis, Mangone, Volpi, solo per citarne alcuni), nonché di stranieri come Kenneth e Daniel Andersson o gli indimenticabili Ingesson e Masinga.

«Sebbene dalla tv, seguo sempre il Bari. Troppo forti sono i legami con una piazza che avrei voluto vedere stabilmente in serie A: alla fine degli anni ‘90 stavamo riuscendo in questa missione. Mi aspetto che questo sia l’obiettivo di una famiglia illuminata come i De Laurentiis: hanno portato il Napoli all’apice, chissà che un domani non convenga cedere il club partenopeo e puntare tutto sul Bari. Le immagini degli ultimi playoff sono eloquenti: un club del genere nella massima categoria diverrebbe una miniera d’oro».
Nella città del pallone, però, si è rimasti proprio alle emozioni dello scorso giugno…
«Non si poteva immaginare che la sconfitta in finale dei playoff non lasciasse strascichi. Tra elementi destinati alla cessione e altri in prestito, era scontato che l’organico dovesse subire un profondo restyling. Ma non sono d’accordo con chi dice che si sarebbe dovuto cambiare subito allenatore: Mignani ha meritato sul campo la fiducia. E non penso che l’esonero sia stato generato soltanto dai risultati: evidentemente, la dirigenza ha valutato che si stesse smarrendo la strada maestra. E allora, forse è meglio aver cambiato ai primi scossoni e non in piena crisi».
È arrivato Pasquale Marino: che cosa potrà dare per portare una vera svolta?
«Marino è un allenatore che mi è sempre piaciuto. Proprio quando ero ancora a Bari, l’ho spesso seguito perché guidava il Foggia. Pratica un calcio offensivo, seguendo un po’ le orme di Zeman, ma con attenzione agli equilibri complessivi. La mia impressione è che il suo Bari non si sia ancora visto. Le prime settimane gli sono servite per toccare con mano la squadra, poi ha trovato all’interno delle gare questo modulo con la difesa a tre che ha attuato negli ultimi match. Ma il periodo clou sarà questa pausa di novembre: avrà avuto modo di sperimentare nuove soluzioni avendo conoscenza più approfondita del gruppo. Non escluderei che emerga un Bari ancora diverso sul piano tattico».
Che cosa non ha funzionato a dovere nei Galletti fin qui?
«Non è facile digerire tanti cambiamenti, ma soprattutto è mancato finora l’apporto degli elementi cardine. Il solo Sibilli ha mostrato numeri in grado di fare la differenza. Mi aspetto tanto da Diaw che reputo uno dei migliori centravanti in B, ma non l’ho visto ancora con quel suo passo devastante. Così come Aramu può risolvere un match con un assist o una prodezza balistica: occorre recuperarlo a tutti i costi».

Classifica paradossale: una sola sconfitta, ma fuori dai playoff. Dove arriverà il Bari?
«Restare in piedi nei periodi meno felici è una qualità. Se il Bari sta attraversando ora la sua fase di assestamento, allora i tanti pareggi assumeranno valore perché, con i miglioramenti, arriveranno le vittorie. E basta con il luogo comune che i pari siano mezze sconfitte! Se impatti con squadre di alta classifica, almeno mantieni le distanze con il tuo avversario diretto. Certo, diverso è sperperare punti contro la Feralpisalò che per un’ora è parsa decisamente inferiore ai biancorossi. La sfida al Venezia per svoltare? La compagine veneta sta impressionando. Certo, bisogna cercare il successo, ma in gare del genere, non si deve assolutamente perdere. Il Bari non deve porsi limiti: deve rientrare nella lotta per la promozione, anche diretta».
Si avvicina gennaio: il Bari troverà i profili per migliorarsi?
«Il ds Polito e Marino devono individuare fin da ora i ruoli dove occorre alzare la qualità: in serie A ci sono molti club con calciatori in esubero, non manca la possibilità di pescare con profitto. Ma io cercherei di aggiungere qualche giovane in grado di garantire prospettiva. Continuo a pensare che in serie C si possano acquistare ottimi talenti a prezzi ragionevoli».

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