serie a

Calcio, Di Chiara: «Lecce-Roma è sempre un romanzo»

Raffaele Fiorella

Dalla sfida dell’86 che tolse lo scudetto ai capitolini ad oggi, il doppio ex: «Baroni e i suoi possono giocarsela, con grinta e coraggio»

LECCE - A Roma è nato e cresciuto, nella squadra della Capitale ha cominciato la carriera di calciatore. Col Lecce ha vissuto tre anni intensi, la promozione in A dell’85, e quel pomeriggio all’Olimpico del 20 aprile ‘86, passato alla storia, in cui giocò un brutto scherzo alla sua ex squadra, che contro i salentini di Fascetti perse partita e scudetto. Lecce-Roma, sabato al Via del Mare, sarà una sfida speciale per Alberto Di Chiara. Cuore in tumulto, ricordi che affollano la mente. L’ex difensore e centrocampista, 58 anni, ora è opinionista tv, vive a Firenze e ha una scuola calcio d’élite a Scandicci.
«Gara da tripla - premette Di Chiara -. La Roma è imprevedibile, ha individualità nel complesso superiori al Lecce e se in giornata può fare buone cose, ma è discontinua. Il Lecce può giocarsela, come ha sempre fatto con le big: coraggio, determinazione, organizzazione».
La squadra di Baroni ha 9 punti di vantaggio sulla zona rossa, si è rilanciata col successo di Cremona.
«È sulla buona strada per la salvezza, ma non può cullarsi sugli allori. C’è ancora tanto cammino da percorrere, quasi tutto il girone di ritorno davanti. Bisogna insistere, tenere alta la concentrazione, mai mollare la presa fino alla fine perché questo è un campionato in cui possono accadere cose impensabili, tipo il Milan che crolla in un mese. Un torneo caratterizzato da anomalie, vedi la lunga pausa per i Mondiali e i 15 punti tolti alla Juventus».
Qual è il segreto di questo Lecce?
«Il buon lavoro fatto dalla società e da Baroni, l’organizzazione di gioco, alcune individualità di tutto rispetto, la coesione e compattezza del club. Spesso mi sento telefonicamente col presidente Sticchi Damiani, mi congratulo con lui per i risultati che stanno avendo. Corvino è una garanzia: gran conoscitore di calcio, investimenti e scommesse sempre azzeccate sul mercato. Un club abile anche ad approfittare del fatto che il livello della Serie A si è abbassato molto negli ultimi anni. Quando frequentavo io i campi della massima serie, negli anni Ottanta e Novanta, era tutt’altro torneo, di grande valore e prestigio. La Nazionale non vince un Mondiale dal 2006 e ha saltato gli ultimi due, non ci sono più giocatori-simbolo. Sistema da rifondare in toto».

Baroni sta realizzando un’altra grande impresa.
«Ci conoscemmo nelle giovanili azzurre, da ragazzi, poi ci siamo incrociati tante volte in campo da avversari. Lo stimo molto: è pacato, sa far esprimere i giocatori al meglio per quelle che sono le loro caratteristiche. La squadra è organizzata, concreta, efficace, veloce nel ribaltare l’azione. Baroni è un tecnico tradizionalista, di quelli che piacciono a me. Io diffido da questa continua ricercata di innovazione, profeti, guru, esasperata da alcuni media».
Chi l’ha impressionata di più della squadra salentina?
«Baschirotto. Si sta parlando molto di lui, anche perché oggi i social ci mettono poco a creare il personaggio. Al di là di questo, è una delle sorprese del campionato, efficace come difensore e abile anche sotto porta nell’andare a segno. Ma il Lecce è anche tanto altro: Falcone, Hjulmand, Strefezza, Di Francesco, Colombo, per citarne alcuni».
Della Roma che idea si è fatto?
«Tra alti e bassi sta cercando di centrare la qualificazione alla Champions. I casi Zaniolo e Pellegrini hanno elettrizzato l’aria attorno alla squadra. Mourinho svetta su tutti per personalità: le sue dichiarazioni hanno riflessi a volte positivi e a volte negativi sui giocatori e sull’ambiente, che, di per sé, è sempre una bomba a orologeria pronta a esplodere».
Trentasette anni fa Di Chiara fu tra i protagonisti, con un gol e un assist, di quel pomeriggio-shock per i romanisti.
«La Roma aveva recuperato tanti punti alla Juve e si giocava lo scudetto. Noi, già retrocessi, non avevamo più nulla da chiedere ma l’Olimpico era strapieno, tutto il mondo ci guardava: ci tenevamo a far bella figura, nessuno però s’immaginava quell’epilogo. Segnò subito Graziani. Firmai io il pareggio, quel gol tolse certezze alla Roma, che era una grande squadra con gente come Ancelotti, Boniek, Pruzzo. Il resto è storia, vincemmo 3-2. Fu un trauma per Eriksson, che poi me ne parlò più volte quando ci ritrovammo alla Fiorentina».
Di Lecce che ricordi ha?
«Città fantastica, tre anni splendidi, che ebbi la fortuna di vivere con mio fratello Stefano. Un gruppo meraviglioso quello dei ragazzi dell’85, superammo anche momenti terribili come la morte di Pezzella e Lorusso. Ho tanti amici a Lecce, spero di poterci tornare presto e godermi al Via del Mare una bella partita e vittoria dei giallorossi».

Privacy Policy Cookie Policy