Il caso

Francavilla Fontana, tre mesi di paura per una consulente del lavoro: giovane arrestato dopo minacce continue

Dal martello al liquido infiammabile, fino alle minacce di morte: mesi di intimidazioni che hanno costretto la vittima a vivere nell’ansia e a cambiare le proprie abitudini

A Francavilla Fontana un giovane di 20 anni è stato arrestato con l’accusa di tentata estorsione aggravata e atti persecutori nei confronti di una consulente del lavoro della città. L’ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata eseguita il 20 novembre 2025 dai Carabinieri della Stazione locale, su disposizione del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Brindisi e su richiesta della Procura della Repubblica.

Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, tra il 16 settembre e il 5 novembre l’indagato avrebbe messo in atto una serie di comportamenti minacciosi e sempre più violenti. Tutto sarebbe iniziato quando il giovane avrebbe tentato di costringere la professionista a stipulare un contratto di lavoro a suo favore, senza averne alcun titolo. La prima intimidazione risale al 16 settembre, quando si sarebbe presentato nello studio della vittima minacciandola di morte anche davanti ai militari intervenuti per calmarlo.

Due settimane più tardi, il 30 settembre, la situazione sarebbe precipitata ulteriormente: il giovane sarebbe tornato allo studio armato di un martello, colpendo la porta d’ingresso, danneggiando la vetrina e cospargendo la zona di liquido infiammabile, con l’intento – secondo gli investigatori – di appiccare il fuoco. Solo il pronto intervento di alcuni passanti avrebbe evitato conseguenze ben più gravi.

L’ultimo episodio contestato risale al 5 novembre, quando l’indagato avrebbe fatto nuovamente irruzione nello studio, gridando frasi minacciose indirizzate alla professionista, provocando paura e forte agitazione anche tra le collaboratrici presenti.

Secondo gli inquirenti, la successione degli eventi avrebbe generato nella vittima uno stato di ansia costante, tale da costringerla a modificare le proprie abitudini quotidiane. Il Giudice ha ritenuto sussistenti gravi indizi di colpevolezza e ha valutato la custodia cautelare in carcere come l’unica misura adeguata a tutelare la donna e a prevenire nuovi episodi.

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