Il progetto
Per il porto di Brindisi un cantiere da 600 posti di lavoro: adesso è caccia ai fondi pubblici
Piloda: «Refitting di navi da 250 metri, ma servono finanziamenti. All’inizio 19 occupati adesso ne abbiamo 100: vogliamo crescere ancora»
Il convegno di ieri sulla nautica ha riunito tutti i principali attori di un settore in crescita, anche a Brindisi. Tuttavia, è necessario infrastrutturare maggiormente le aree portuali per consentire un ulteriore salto di qualità. L’esempio delle potenzialità del segmento della cantieristica lo fornisce la Piloda Shipyard, giunta a Brindisi nel 2019 e che ora, grazie all’approvazione (a gennaio) del nuovo Piano regolatore portuale, potrà effettuare un ampliamento delle proprie attività con un ulteriore investimento da 140 milioni di euro e 600 posti di lavoro tra diretti e indiretti.
Il progetto, che ha già scontato tutti i passaggi burocratici, rientra tra i 61 presentati al bando Mimit sulla riconversione industriale di Brindisi e prevede di trasformare il porto in un hub di eccellenza per la riparazione, il refitting e la demolizione di navi fino a 250 metri di lunghezza.
L’ultimo scoglio per dare corpo all’iniziativa imprenditoriale è rappresentato dalla necessità della società di ottenere fondi pubblici per infrastrutturare la banchina. «Se entro l’inizio dell’anno prossimo non avremo riscontri oggettivi dal tavolo del Mimit sulla decarbonizzazione - spiega Donato Di Palo, amministratore delegato di Piloda Shipyard - proporremo la promozione di un contratto di sviluppo. Si tratta di un’opera che ha una componente di investimenti infrastrutturali che non trova riscontro nell’ammortamento naturale che occorre all’impresa. A maggior ragione che l’investimento è previsto su aree demaniali, che non sono di nostra proprietà: occorrerà allungare la banchina e realizzare nuovi moli d’ormeggio e un bacino galleggiante da 250 metri».
Con questo progetto «Brindisi diventerebbe - prosegue Di Palo - un faro nella cantieristica di settore nel Mediterraneo al pari di bacini presenti solo a Malta, in Marocco, Gibilterra, Tunisia e in Spagna. In Italia ci sono pochissimi bacini adatti allo smantellamento di navi fino a 250 metri, come quello utilizzato a Genova per la Concordia. Nel nostro programma di ampliamento prevediamo come minimo l’aggiunta di ulteriori 300 unità rispetto a quelle che lavorano già nel nostro cantiere, oltre ad altri 300 lavoratori indiretti».
La società opera già in città su un’area situata in via Torpediniera Perseo, in una zona attigua al porticciolo turistico. Il cantiere è stato fondato negli anni ‘60 ed è stato acquisito da Piloda Group sei anni fa. «Abbiamo preso in concessione un’area - racconta Di Palo - dove sopravvivevano 19 dipendenti in condizioni pietose: li abbiamo stabilizzati e negli ultimi tre anni siamo arrivati ad avere più di 100 collaboratori. Abbiamo adesso avviato insieme a realtà turche progetti di unità navali a guida autonoma. Sono in corso grossi investimenti nel settore militare, stiamo cercando di partecipare a questo sviluppo facendo di Brindisi un hub dove si possono sperimentare nuove tecnologie. È però complicato trovare collaboratori che possano seguire queste dinamiche: serve un affiancamento con le università, c'è bisogno - conclude - di competenze molto specifiche».