il caso
Brindisi, per il villaggio Acque Chiare respinta l’istanza di revoca della confisca
Caso in Cassazione. Sale il debito degli occupanti con il Comune. Ancora una porta sbattuta in faccia ai promissari acquirenti delle villette confiscate di Acque Chiare.
BRINDISI - Ancora una porta sbattuta in faccia ai promissari acquirenti delle villette confiscate di Acque Chiare. Le istanze di revoca della confisca avanzate dalla curatela fallimentare della società Acque Chiare sono state infatti ritenute inammissibili dal giudice dell’esecuzione del Tribunale di Brindisi (sezione penale), Ambrogio Colombo. La Curatela spera adesso nella Cassazione. Il giudice, seppure abbia riconosciuto la legittimità della volontà della Curatela di ottenere la restituzione della massa attiva (nella quale rientra anche l’albergo confiscato) per poter soddisfare i creditori, ha tuttavia spiegato che «non può ritenersi legittimata a chiedere la revoca della confisca e la restituzione dei cespiti nell’interesse dei promissari acquirenti, facendosi loro portavoce e facendo valere in loro vece la loro buona fede». Ciò, in ragione del ruolo attivo avuto nella vicenda della lottizzazione dalla società Acque Chiare.
Questi ricorsi, però, almeno un risultato l’hanno prodotto: il Comune non ha più proceduto con gli sgomberi coattivi delle villette confiscate, i cui occupanti da tre anni non pagano le indennità di occupazione e la Tari.
La vicenda sta in questi termini. I promissari acquirenti, grazie a una delibera comunale del 2022, hanno ottenuto la possibilità di continuare a occupare quegli immobili - pur non avendone titolo - previo pagamento di una indennità. Ma non l’hanno mai versata. Pertanto, gli uffici comunali hanno notificato le ordinanze di pagamento di quanto dovuto, alle quali seguirà lo sgombero degli appartamenti. La soluzione del pagamento dell’indennità di occupazione fu escogitata nel 2022 nelle more di una definizione urbanistica della questione. Infatti il Comune, finché non si troverà un accordo con la Regione sulla rigenerazione urbana di quel tratto di costa, non può disporre pienamente di quel patrimonio composto, oltre che dalle ville confiscate definitivamente, anche dell’albergo e delle aree prossime alla spiaggia. Così, onde evitare un ingente esborso economico per la manutenzione e salvaguardia di quel patrimonio abitativo, l’amministrazione Rossi decise di consentire l’occupazione ai promissari acquirenti. Ma oltre alla indennità di occupazione abusiva, non è stata pagata neppure la Tari.
«Le prime lettere di diffida e messa in mora - ricostruì in una commissione consiliare di tre mesi fa la dirigente al Patrimonio comunale, Marina Carrozzo - furono inviate nel 2023. Poiché nessuno ha adempiuto, nel dicembre scorso sono state notificate le ordinanze. Faremo una ricognizione dal 2019 a oggi e poi procederemo con gli sgomberi coattivi». La delibera comunale del 2022 segnava un percorso attivato con la proposta di Programma integrato di rigenerazione urbana, che però a distanza di oltre tre anni è ancora pendente negli uffici della Regione.
Sempre in quella commissione di marzo, il consigliere comunale Roberto Quarta affermò che la questione Acque Chiare è assimilabile a quella del Circolo tennis, quantomeno sotto il punto di vista della Tari: «Eppure la ditta dei rifiuti va a ritirare l’immondizia ad Acque Chiare. È un po’ come la situazione del Circolo tennis, dove risulta un’evasione pari a 350mila euro. Magari ci ritroviamo davanti alle stesse persone che occupano la casa ad Acque Chiare senza pagare e fanno parte del Circolo tennis». Ad ogni modo, prima di effettuare lo sgombero degli occupanti delle ville, l’amministrazione comunale dovrà appostare centinaia di migliaia di euro per la custodia di quei 40 immobili finora occupati.