anziani a rischio

Immobilizzarono e rapinarono una pensionata in casa, fasanese condannato a 4 anni e 8 mesi

mimmo mongelli

Agirono in due, uno ha patteggiato. Decisive le impronte lasciate sul nastro usato per imbavagliare la donna. L’arrivo nell’abitazione dei due rapinatori, è stata ripresa da una telecamera.

FASANO - Diciannove minuti di terrore: tanto è durata la rapina (bottino 12.300 euro) choc in casa di una pensionata fasanese compiuta nella mattinata del 21 novembre 2022. L’arrivo nell’abitazione in via Di Bari dei due rapinatori, avvenuto alle 9.34, e la loro uscita, alle 9.53, sono stati ripresi da una telecamera. Quei filmati sono stato acquisiti dai carabinieri che, partendo da quei frame, hanno individuato i presunti responsabili del colpo. C’è questo e tanto altro nella sentenza con cui il gup del Tribunale di Brindisi, Vilma Gilli, ha condannato il fasanese Francesco Cofano, 26 anni, a 4 anni e 8 mesi di reclusione. L’altro presunto autore della rapina, il fasanese Giuseppe Lapadula, 56 anni, ha ammesso ogni responsabilità e ha scelto la strada del patteggiamento.

Tornando alla sentenza (il processo si è svolto con rito abbreviato), nelle motivazioni si legge che i due esecutori materiali della rapina hanno potuto contare sulla complicità di altre due persone. «Il bersaglio era stato individuato grazie a una soffiata che gli aveva fatto un uomo che aveva detto (a Lapadula, ndr) che la donna possedeva in casa denaro. La mattina Lapadula aveva ricevuto una telefonata da una signora che abita vicino alla vittima, che fungeva da palo, che lo aveva avvisato che all’interno dell’abitazione non vi era nessuno». Non era così. Entrando nell’abitazione di via Di Bari, i due rapinatori, che agirono indossando maschere in silicone, si trovarono di fronte alla padrona di casa. La immobilizzarono, le puntarono un coltello al volto, le chiusero la bocca con il nastro isolante e le portarono via 12.300 euro, soldi che la donna aveva risparmiato mettendo da parte quello che riusciva a farsi avanzare della sua pensione e da quella del marito. I banditi misero a soqquadro la casa.

Conclusero la «perquisizione» solo quando trovarono i soldi, parte dei quali era in un portafoglio custodito nel comodino e l’altra in una scatola di scarpe. Prima di andare via, tagliarono le fascette con cui avevano immobilizzata la donna. Fu una vicina di casa della vittima a dare l’allarme ai carabinieri. Gli arresti sono arrivati a quindici mesi di distanza dalla rapina. Le indagini sono partite dall’analisi delle immagini acquisite dai sistemi di videosorveglianza dell’area in cui si è verificata la rapina e dall’analisi biologica/dattiloscopica - eseguita dal Ris di Roma - del nastro adesivo repertato, nonché dall’analisi del traffico telefonico. Con un lavoro che non è stato affatto semplice - gli investigatori dell’Arma non hanno potuto contare su alcuna testimonianza - i carabinieri sono riusciti a identificare i presunti responsabili della rapina. Nella fase iniziale delle indagini, i militari dell’Arma hanno seguito con pazienza gli indizi, anche quelli all’apparenza più piccoli e insignificanti, lasciati dagli autori del colpo. Contemporaneamente hanno chiesto aiuto ai loro colleghi in camice bianco del Ris di Roma, che sono riusciti a ricavare da una striscia di nastro adesivo, quella usata dai rapinatori per tappare la bocca alla vittima, le impronte digitali dei malviventi.

Sul nastro adesivo gli investigatori del Ris hanno individuato quattro frammenti di impronte. «I quattro frammenti - scrive il giudice - sono stati inseriti per l’identificazione nel sistema di ricerca della Banca dati del casellario centrale di identità del ministero dell’Interno mediante il sistema informatizzato Capfis. Tale ricerca ha dato esito positivo, in quanto per tutti e quattro i frammenti sono state trovate le corrispondenze con due soggetti già foto-segnalati in occasione di precedenti arresti, e in particolare con le impronte corrispondenti sui cartellini fotosegnaletici informatizzati intestati a Francesco Cofano e Giuseppe Lapadula».

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