L'INCHIESTA
Estorsione all’imprenditore coraggio nel Brindisino, stretta sui sodali dei quattro arrestati
In tre fotografati con Annis, Parisi e soci, arrestati con l’accusa di aver chiesto 200mila euro a un imprenditore che aveva vinto un appalto della provincia di Brindisi
BRINDISI - In tre sono stati fotografati assieme ai quattro uomini arrestati con l’accusa di aver chiesto 200mila euro, e l’assunzione di un guardiano per il cantiere, a un imprenditore che aveva vinto un appalto bandito dalla Provincia di Brindisi per il rifacimento dell’asfalto di alcune strade.
Le foto realizzate dagli agenti della Squadra mobile di Brindisi sono finite agli atti dell’inchiesta della Dda di Lecce che venerdì ha portato in carcere Lucio Annis, 54 anni, di San Pietro Vernotico; Tobia Parisi, 43 anni, nato a Mesagne ma domiciliato a Brindisi e Francesco Sisto, 51 anni, di Mesagne ma domiciliato a Brindisi, tutti tornati in libertà di recente dopo aver scontato una condanna per associazione mafiosa come appartenenti al clan dei cosiddetti mesagnesi. Sono accusati di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso.
Custodia cautelare in carcere anche per Salvatore Esposito, 44 anni, di San Pancrazio Salentino, che nella ricostruzione dell’accusa avrebbe agito facendo tramite fra i tre e l’imprenditore, sfruttando la conoscenza con il titolare della ditta.
Le indagini coordinate dalla pm Carmen Ruggiero, proseguono per verificare se i tre uomini fotografati siano o meno coinvolti nel tentativo di estorsione. Due sono stati già identificati.
Nonostante la paura di possibili ritorsioni alla sua famiglia e all’azienda, l’imprenditore ha trovato il coraggio di denunciare dopo aver pensato di cedere, pagando assieme a suoi soci 10mila euro. La denuncia è del 3 ottobre scorso. Il primo contatto risalirebbe al 12 settembre scorso.
«Dal primo incontro ho avuto la sensazione che quelle persone erano tutte lì per quel motivo, consapevoli che dovessi pagare - ha detto - Ho costruito il mio lavoro senza chiedere niente a nessuno, la richiesta era alta, volevano succhiarmi il sangue».
Per la gip del tribunale di Lecce, Tea Verderosa, le dichiarazioni dell’imprenditore sono attendibili perché riscontrate da verifiche attraverso servizi di osservazione e intercettazioni. «Annis, Parisi e Sisto non hanno esitato, in pieno giorno, lo scorso 8 ottobre, a raggiungere l’imprenditore presso il suo cantiere per manifestargli la forza di intimidazione del sodalizio mafioso al quale appartengono per costringerlo a pagare dopo gli incontri e le richieste andate a vuoto».
Le modalità dell’azione e il fatto che la pretesa di denaro sia stata ripetuta nel tempo, per la gip sono «circostanze significative del fatto» che i tre «non abbiano in alcun modo reciso i legami con il contesto associativi mafioso di appartenenza». Quanto a Esposito, è confermato il suo coinvolgimento perché «ha manifestato di essere contiguo al contesto o comunque di condividere le modalità della condotta al fine di ottenere il pagamento del pizzo da parte dell’imprenditore».
L’unica misura adeguata, «è quella della custodia in carcere non sussistendo elementi di senso contrario che consentano di ritenere idonee altre misure la cui esecuzione sarebbe rimessa all’iniziativa degli indagati», ha sottolineato la gip. Gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, «non impedirebbero di mantenere contatti con persone del contesto associativo di appartenenza o comunque coinvolte nella vicenda».
Gli interrogatori di garanzia sono previsti per il 14 ottobre.