Il caso
Clan Soleti, sequestrati beni per 60mila euro nel Brindisino
Nella camera da letto di Diviggiano trovati orologi e banconote
Orologi del valore di 50mila euro e banconote per un totale di 15mila euro. Tutto nascosto in camera da letto, in un cassetto che doveva restare chiuso. E che, invece, è stato aperto dai finanzieri durante la perquisizione eseguita contestualmente alla notifica dell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato in carcere Antonio Diviggiano, 32 anni, di Torre Santa Susanna, con l’accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso.
Il tesoretto trovato a casa dell’indagato è stato posto sotto sequestro perché ritenuto di provenienza illecita: costituirebbe una parte dei guadagni ottenuti dallo svolgimento delle attività ricostruite nell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Lecce, chiamata «Fuori Gioco», per aver riportato in carcere Pietro Soleti, 59 anni, di San Donaci, ritenuto a capo di un gruppo considerato di stampo mafioso, già condannato per mafia a conclusione del processo scaturito dall’inchiesta Omega bis del 2016, avviata in seguito all’omicidio di Antonio Presta, avvenuto il 5 settembre 2012 a San Donaci.
Secondo l’accusa, Diviggiano sarebbe stato uno dei partecipi del nuovo gruppo tenuto a battesimo da Soleti assieme a Benito Clemente, 45 anni, nato a San Pietro Vernotico ma residente a San Donaci, rivestendo di fatto il ruolo di uomo di fiducia del primo e occupandosi degli interessi economici del clan nella raccolta degli oli esausti mediante la società Barone srl dell’imprenditore Francesco Cosimo Barone, 53 anni, di Matino, arrestato per concorso esterno in associazione mafiosa. Accusa che Barone ha respinto durante l’interrogatorio davanti al giudice per le indagini preliminari del tribunale di Lecce, Angelo Zizzari.
Diviggiano, così come ricostruito nell’ordinanza, avrebbe lavorato alle dipendenze di Barone assieme ad Antonio Caliandro, nato a Campi Salentina ma residente a San Donaci, di 44 anni, e avrebbe «costretto mediante minaccia implicita di mali ingiusti titolari delle attività commerciali, clienti di altre società, in modo da arrivare a stipulare un contratto» con l’impresa dell’imprenditore leccese. Con il suo modus operandi, Diviggiano avrebbe «ostacolato con violenza» l’attività di società concorrenti. Due, in particolare, le ditte che avrebbero avuto conseguenze sul piano dell’operatività.
Diviggiano, inoltre, si sarebbe occupato per conto del clan Soleti anche delle scommesse on-line, settore nel quale il gruppo avrebbe avuto interessi, subito dopo quello storico, costituito dal traffico di droga.
L’inchiesta ha portato anche a scoprire che un dipendente di un ufficio postale di un comune della provincia di Brindisi controllava buste e pacchi per verificare se ci fossero plichi indirizzati alla stazione dei carabinieri. Il dipendente è indagato a piede libero per favoreggiamento, con l’aggravante di aver commesso il fatto per agevolare l’attività del gruppo. In un’occasione sarebbe riuscito a «sottrarre un esposto anonimo» indirizzato ai militari, nel quale erano state riferite le attività illecite del gruppo, con particolare riferimento al traffico di droga.