criminalità
Brindisi, a lezione di mafia in carcere: «Così Tarantino è diventato boss»
Dal pentito Antonio Campana, diventato collaboratore di giustizia nella primavera del 2019, i retroscena del sodalizio nato in cella
«In quel periodo stava per uscire Cristian Tarantino che, per conto di tutti noi, doveva gestire la situazione all’esterno. Prima della scarcerazione, nel penitenziario di Terni, gli abbiamo fatto la scuola, ossia gli abbiamo detto cosa avrebbe dovuto fare per conto nostro, cioè il mio, quello di Raffaele Martena e di Raffaele Renna». A svelare le lezioni in cella nell’ottica di una rifondazione del clan di stampo mafioso, per svincolarsi dai vecchi capi, è stato il pentito Antonio Campana, in uno dei primi interrogatori con i pm della Dda di Lecce. I verbali sono tra gli atti dell’ultima inchiesta coordinata dalla pm Carmen Ruggiero della Dda salentina sulla scia di intimidazioni in chiave estorsiva ai danni di commercianti di San Pietro Vernotico, riconducibili alla regia di Cristian Tarantino, 36 anni. Secondo l’accusa, Tarantino avrebbe diretto un gruppo mafioso attraverso direttive sui social network, nonostante fosse in carcere, detenuto a Sulmona. L’ordinanza di custodia cautelare, firmata dalla gip Giulia Proto del tribunale di Lecce, gli è stata notificata dai carabinieri nel penitenziario di Secondigliano, dove è stato trasferito di recente.
Antonio Campana è diventato collaboratore di giustizia nella primavera del 2019. L’ergastolano, poi diventato pentito, è il fratello di Francesco Campana, ritenuto il reggente del clan dei tuturanesi della Scu e condannato al carcere a vita per l’omicidio di Toni D’Amico, la sera del 9 settembre 2001. I verbali di Antonio Campana, leggibili senza omissis, sono quelli resi il 7 marzo e il 4 aprile 2019: «Dopo il mio arresto e dopo un periodo nel quale non volevo più occuparmi delle attività dell’associazione, ripresi a comunicare con l’esterno e a curare i miei affari. A Terni mi incontrai con Martena, che proveniva dal carcere di Viterno e che sino a quel momento conoscevo solo per nome», si legge. «Legai subito con Martena, che all’inizio stava in un’altra sezione con un suo paesano. Martena insisteva per venire nella mia sezione e gli feci fare la domanda, a seguito della quale fu spostato e ci misero nella stessa cella», ha riferito il collaboratore.
Per la pm della Dda, dalle dichiarazioni di Campana emerge che all’interno del carcere gli affiliati «avevano concordato di istituire un nuovo gruppo e che Tarantino aveva ricevuto da Campana, Martena e Renna l’investitura a operare nell’interesse del clan, essendo prossimo alla libertà». Tarantino è stato arrestato
l’11 luglio 2016, dopo il ritrovamento di una «sfoglia» scritta da Raffaele Martena mentre era detenuto, nell’ambito di un’inchiesta sul traffico di droga. Da allora avrebbe continuato ad avere un ruolo di primo piano, ponendosi alla testa di un gruppo mafioso che avrebbe operato a San Pietro Vernotico.