Il caso
Brindisi, stress da lavoro: operatore del 118 finisce al pronto soccorso
Il sindacalista Macchia (Cgil): «Situazione insostenibile, medici ed infermieri in fuga dall’Asl Br»
BRINDISI - Operatori del 118 che finiscono in infortunio per stress da situazioni organizzative. Medici e personale che «scappano» appena possibile da Brindisi. Liste d'attesa infinite che spingono la gente a ricorrere a prestazioni a pagamento o a non curarsi proprio. Migrazione passiva con pazienti costretti ad cercare cure altrove. Un piano di riordino partito ma mai definito con i posti letto per malati acuti ancora sotto la media regionale. E poi risposte carenti per quanto riguarda le fragilità, dalla salute mentale ai Sert e gli investimenti per l'edilizia sanitaria legati al Piano nazionale di ripresa e resilienza.
«Troppe criticità che occorre aggredire subito, perché di tempo ne è passato sin troppo e il Covid ha acuito in maniera inverosimile», attacca il segretario generale della Cgil di Brindisi Antonio Macchia, che chiede con un urgenza un confronto con il nuovo direttore generale della Asl sui temi più scottanti e ormai improrogabili in campo sanitario.
Le criticità sollevate sono tante, ma andiamo con ordine. Denunciato un caso emblematico al 118.
«È accaduto qualche giorno fa. Un operatore del 118 trasferito da Torre Santa Susanna a Mesagne dopo essere stato avvisato la stessa mattina stessa dello spostamento ha dovuto fare ricorso alle cure dell'ospedale di Francavilla Fontana. Qui è arrivato al pronto soccorso con problemi di pressione e cardiaci. A Francavilla è stato riconosciuto come infortunio per lo stress da lavoro correlato. La categoria darà battaglia su questo fronte. A Torre la situazione è pesante, capita troppo spesso che la postazione sia priva o del medico o del personale. E altrove non stanno meglio con il personale che viene spostato in continuazione senza una reale programmazione. Gli ordini di servizio per gli spostamenti si possono fare qualche volta nell'arco dell'anno ma non possono essere una consuetudine quotidiana».
E i medici e il personale in fuga?
«Dobbiamo capire per quale motivo la nostra Asl non è attrattiva. Moltissimi medici professionisti, ma anche infermieri appena trovano una occasione vanno via. È un fenomeno che attraversa tutte le specialità. Riguarderà proprio quel benessere sul lavoro che non viene garantito proprio per la questione organizzativa?».
Cosa chiedete?
«Quando sarà ora di investire sul personale? Non è che quando c'è da sfruttarli sono “eroi” e quando c'è da stabilizzarli o assumerli non esistono sistemi per farlo. Questo vale per medici, infermieri, personale del 118 e quant'altro».
Il personale è in affanno ma anche sul tema dei posti letto non c'è da esultare.
«Infatti. A Brindisi tocca una media di 2,7 per mille abitanti contro una media nazionale di 3,7 e regionale del 3,4. In realtà noi non raggiungiamo nemmeno il 2,7 ma siamo attorno ai 2,3-2,4 posti letto per mille abitanti. E ci sono tanti reparti che ancora devono aprire. L'altro aspetto riguarda la medicina del territorio perché, anche come ore che riguardano la specialistica, abbiamo le stesse di quelle precedenti al piano di riordino. Cioè i presidi territoriali di assistenza (Pta), non hanno determinato alcun miglioramento rispetto a prima quando c'erano i distretti. Ora si parla di fare tanti ospedali di Comunità nel Brindisino ma riteniamo che sia una priorità investire nella medicina del territorio, sui centri di salute mentale che è abbandonata a se stessa (manca un reparto che il riordino prevedeva si aprisse a Francavilla mai aperto), i Sert sono in grossa difficoltà, i consultori».
Oltre alla migrazione del personale sanitario ce n’è un’altra che vi preoccupa.
«Si, è la migrazione dei pazienti, la cosiddetta la mobilità passiva. Vi do un dato che è emblematico. Nel 2020 sono stati eseguiti solo 20 interventi di di chirurgia ginecologica al Perrino. Nel 2021 il trend è uguale. Due sono le cose. O le nostre madri, sorelle, mogli stanno tutte bene o, se si guardano i numeri del cancro in Italia e gli interventi del genere effettuati magari significa che la gente va a curarsi altrove. E perché alimentare questa migrazione sanitaria verso strutture regionali o extraregionali?».
Cosa chiedete al direttore generale dell’Asl?
«Al direttore, a cui auguriamo sempre buon lavoro, chiediamo discontinuità. Dopo l’insediamento crediamo abbia preso contezza delle criticità. Gli chiediamo di convocarci per aggredire tutti questi problemi e cercare di dare una soluzione. C’è bisogno di riprogrammare la Sanità».