Il caso

Salme di estranei nella cappella privata: il Tar «bacchetta» il comune di Barletta

Linda Cappello

La vicenda si è snodata negli anni tra autorizzazioni ormai perse e firme forse falsificate

BARLETTA - Il Tar ha censurato il comportamento del comune di Barletta che si è rifiutato di rimuovere le salme di due estranei da una cappella privata. Non solo. L’amministrazione, insieme ad un soggetto controinteressato, è stata condannata a pagare le spese legali in favore del ricorrente.

Tutto inizia nel 1956, quando il comune di Barletta concede ad un cittadino il terreno necessario per costruire una cappella all’interno del cimitero monumentale. Nell’atto di concessione si precisava che «è fatto assoluto divieto di tumulare persone estranee al nucleo familiare».

Dopo la scoperta delle due salme, il proprietario della cappella presenza istanza di accesso agli atti, e scopre che il comune ha consentito la tumulazione delle salme sulla scorta di due autorizzazioni, per la precisione dichiarazioni sostitutive di atto notorio, recanti la firma di alcuni suoi familiari. Firme che a suo dire sarebbero state falsificate. Non solo. Il comune non possiede più i documenti originali delle dichiarazioni sostitutive, ma soltanto le fotocopie.

«Va dunque assicurato da parte del Comune – si legge in sentenza - il precetto contenuto nell’atto di concessione a che sia fatto rispettare l’assoluto divieto di tumulare persone estranee alla famiglia».

«Il ricorrente – è scritto - erede del concessionario della cappella in questione, ha esposto, con dovizia di particolari, nei confronti del Comune resistente, il constatato avvenuto utilizzo difforme dalla concessione della cappella di famiglia. Lo stesso ha disconosciuto l’autenticità delle (scarne) dichiarazioni sostitutive di atto notorio, al tempo acquisite dal Comune, che peraltro non recano nel testo alcuna motivazione o indicazione circa la “pregressa convivenza”, oppure l’acquisizione di “particolari benemerenze” nei confronti del concessionario della cappella».

Le due autorizzazioni non sono state rinvenute in originale, per cui sono da considerarsi scritture private, «che una volta disconosciute, non comportano alcun altro incombente a carico del ricorrente».

«Non è ammissibile – scrivono ancora i giudici - il persistente rifiuto dell’amministrazione della Città di Barletta ad attivarsi nell’esplicazione dei propri poteri di polizia mortuaria, demaniale e di autotutela esecutiva, che impongono di vigilare sull’uso delle cappelle private o di famiglia e di reprimere eventuali utilizzi difformi dalle concessioni, a fronte di segnalazione o di denunce di privati».

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