Il caso

«L'ex procuratore Capristo architettò le pressioni sulla pm di Trani». I giudici: «Scambio di favori con gli imprenditori che gli presentarono i Pooh»

Massimiliano Scagliarini

Le motivazioni della condanna a 2 anni e mezzo dell’ex procuratore di Taranto nel frattempo andato in pensione. La difesa: faremo appello

BARI - Non fu una iniziativa personale dell’ex poliziotto Michele Scivittaro quella di presentarsi dall’allora giovane pm di Trani, Silvia Curione, per chiederle di «mandare avanti» un’indagine nata da una denuncia di tre suoi amici imprenditori Mancazzo. Ma fu, invece, una «condotta delittuosa» organizzata dall’ex procuratore Carlo Capristo, che «suggerendo a Scivittaro cosa dire alla Curione in occasione della visita» aveva «l’evidente scopo» di «procurare ai Mancazzo l’utilità indebita desiderata». Lo scrive il Tribunale di Potenza (presidente Baglioni, estensore Zampoli) nelle motivazioni della sentenza con cui nello scorso gennaio ha condannato Capristo a due anni e sei mesi per tentata induzione indebita e falso ideologico (assolvendolo «perché il fatto non sussiste» da altre ipotesi di abuso d’ufficio e falso), e a due anni e due mesi i fratelli Giuseppe, Cosimo e Gaetano Mancazzo, tutti con pena sospesa. Scivittaro aveva in precedenza patteggiato due anni.

L’inchiesta nasce dalla trasmissione a Potenza, attraverso la Procura generale di Bari, della relazione predisposta dalla Curione dopo quell’incontro avvenuto nell’estate 2018. Scivittaro chiedeva alla pm di esercitare l’azione penale a seguito di una denuncia per usura presentata dai Mancazzo, che così avrebbero evitato la vendita all’asta di una loro proprietà. La magistrata ha viceversa inteso archiviare tutto, aprendo un fascicolo per calunnia a carico dei tre imprenditori: le intercettazioni raccolte in quella sede, insieme alla «integrità morale» della pm, sono le pietre angolari della condanna ai danni dell’ex magistrato, all’epoca passato a guidare la Procura di Potenza e oggi in pensione.

«Qualificandosi al cospetto della dottoressa Curione come soggetto mandato dal “capo” - è scritto in sentenza -, lo Scivittaro illegittimamente veicolava alla predetta la volontà del Capristo (pubblico ufficiale), univocamente finalizzata a persuadere il magistrato circa la necessità di definire in tempi rapidi il procedimento». I giudici hanno accertato che Capristo «conosceva Gaetano Mancazzo in quanto questi gli aveva presentato, a un concerto, i componenti della band musicale Pooh di cui l’imputato era un estimatore». In questo senso, secondo il Tribunale, non ha valore la circostanza «tanto valorizzata dalle difese» che non siano mai state registrate intercettazioni tra Capristo e i Mancazzo, «dovendo piuttosto qualificarsi il rapporto tra i germani ed il procuratore alla stregua di una relazione di cointeressenza (e non di vera e propria amicizia), volta allo scambio di reciproci favori». E anzi, ragionando al contrario, il collegio ha ritenuto che Capristo «non a caso» avrebbe utilizzato Scivittaro: essendo ben conscio di ciò che stava chiedendo voleva evitare «qualsivoglia comunicazione diretta con la dottoressa Curione, onde non lasciare traccia», preferendo «delegare a tale scopo un soggetto fidatissimo e non titolato, quale Scivittaro».

Anche il tentativo del poliziotto di assumersi tutta la responsabilità dell’accaduto in termini di una sua «iniziativa personale» a favore dei Mancazzo è stato ritenuto non credibile dal Tribunale. «I rapporti di duratura e strettissima collaborazione tra Scivittaro e Capristo (ben noti alla Curione e confermati da tutti i testi escussi) inducono a ritenere del tutto inverosimile una simile ricostruzione: giammai Scivittaro avrebbe rischiato, in maniera così spregiudicata, di compromettere il rapporto con Capristo, atteso l'elevato rischio che la Curione potesse prontamente rendere edotto costui circa la richiesta ricevuta». È invece più probabile che il poliziotto sia sia prestato a svolgere «attività di persuasione», e che Capristo «avesse organizzato la condotta delittuosa, suggerendo a Scivittaro cosa dire alla Curione in occasione della visita, all'evidente scopo di procurare ai Mancazzo l'utilità indebita desiderata».

La condanna dell’ex procuratore per falso si riferisce agli statini di trasferta di Scivittaro, del quale Capristo avrebbe «vistato» trasferte inesistenti facendogli ottenere il pagamento di straordinari. La difesa ha già preannunciato appello.

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