Il caso
Omicidio Vassalli a Canosa, confermato l’ergastolo per il 72enne Piscitelli
Il corpo di Vassalli venne rinvenuto senza vita il 31 ottobre 2016 in aperta campagna, ucciso con due colpi d’arma da fuoco alla nuca e all’addome
CANOSA - È diventata definitiva la condanna all’ergastolo per Saverio Piscitelli, il 72enne di Canosa ritenuto responsabile per l’omicidio dell’agricoltore 52enne Sabino Vassalli, trovato senza vita il 31 ottobre del 2016. I giudici della quinta sezione della Corte di Cassazione hanno rigettato il ricorso presentato dalla difesa, che sperava di ribaltare l’esito del giudizio in virtù del fatto che l’anziano si fosse sempre proclamato innocente.
In primo grado Piscitelli era stato condannato all’ergastolo, ma poi la Corte d’Assise d’Appello lo aveva assolto. Il colpo di scena arriva quando la Cassazione annulla con rinvio la sentenza d’Appello, poi ribaltata. Lo scontro fra accusa e difesa è sempre stato molto acceso: il processo, infatti, è totalmente indiziario.
Il corpo di Vassalli viene rinvenuto senza vita il 31 ottobre 2016 in aperta campagna, ucciso con due colpi d’arma da fuoco alla nuca e all’addome. L’arma del delitto non è mai stata ritrovata. Dopo circa due settimane i poliziotti arrestano Piscitelli, proprietario di un terreno confinante con quello di Vassalli. Il rapporto fra i due era sempre stato piuttosto conflittuale: il 52enne era succeduto all’imputato nella carica di presidente della comunità irrigua Sant’Antonio, che si occupava dell’amministrazione di un pozzo per la somministrazione di acqua agli agricoltori. E Vassalli aveva poi promosso due azioni giudiziarie nei confronti del suo successore: sia per una presunta distrazione di fondi all’epoca della sua presidenza, sia per il mancato pagamento di somme per l’erogazione dell’acqua.
La Procura valorizza la circostanza che venne recuperato un bossolo calibro 12 - compatibile con quello utilizzato nell’omicidio - in un terreno dove era stato Piscitelli. E infatti l’imputato deteneva, oltre che tre fucili, anche 14 cartucce calibro 12, lo stesso calibro usato da chi ha ucciso la vittima.
Fondamentale valenza indiziaria è stata data anche alla frase «dalla macchina hai sparato?», che sarebbe stata pronunciata dal figlio di Piscitelli, impegnato in quel momento a lavorare nei campi. La Corte censura anche i tentativi di inquinare il saggio fonico.
Nel corso del processo la difesa ha rimarcato non solo l’assenza di prove, ma anche il fatto che la Procura non abbia mai preso in considerazione piste alternative riguardo ai rapporti di Vassalli con altri confinanti.
E ancora, l’arma del delitto non è mai stata ritrovata. Il difensore ha ribadito che i pallini delle cartucce sequestrate a Piscitelli non erano compatibili con quelle trovate nel cadavere.
Ora si attende l’ordine di carcerazione, che verrà emesso nelle prossime ore dalla procura generale di Bari. I familiari della vittima sono costituiti parte civile con gli avvocati Domenico Di terlizzi e Giuseppe Dello Russo.
L’imputato, invece, è difeso dagli avvocati Giovan Battista Pavone e Cesare Placanica.