PERSONAGGI DELLA BAT
Danilo Forina, un canosino alla corte di Walt Disney
Personaggio riservato ma anche poco conosciuto nella sua terra, perché trasferitosi a Roma da giovanissimo. È lui che ha fatto sognare generazioni di ragazzi, tra gli anni ’30 e ’60
CANOSA - Danilo Forina. Scrittore, poeta, autore e sceneggiatore di fumetti, con circa cinquecento storie a fumetti, decine di racconti, novelle e poesie all’attivo.
Personaggio riservato ma anche poco conosciuto nella sua terra, perchè trasferitosi a Roma da giovanissimo. È lui che ha fatto sognare generazioni di ragazzi, tra gli anni ’30 e ’60: «Erano gli entusiasti lettori soprattutto de “Il Vittorioso” e degli “Albi” ai quali, con un tuffo nel passato, ancora luccicano gli occhi al solo ricordo di quei giornalini che accompagnarono la loro infanzia» dice Pasquale Ieva, presidente della sezione di Canosa, di Storia Patria.
Danilo Forina era nato a Canosa in Puglia nel 1912. «Grazie agli appunti autobiografici divulgati da sua nipote Maria, docente di Scuola dell’Infanzia, e autrice di molteplici pubblicazioni, manuali e saggi, sappiamo che egli trascorse i primi anni di vita circondato dallo smisurato affetto del nonno materno, che perse a sette anni» continua Ieva.
«Fin dalle scuole elementari fu accanito divoratore di carta stampata e questa tendenza la scorgeva anche in Maria e in lei “riconosceva la stessa sua passione, lo sguardo sognante e insieme ingenuo”. Leggeva di tutto e ciò gli consentì di formarsi culturalmente, amando principalmente la poesia di Pascoli, Leopardi, Carducci, D’Annunzio non tralasciando Petrarca e Dante».
Adolescente si trasferì a Roma con la famiglia, dove continuò a coltivare la passione per la lettura e la composizione, avendo l’opportunità di frequentare assiduamente le biblioteche della Capitale.
A soli diciotto anni furono pubblicati i primi suoi racconti avendo intrapreso una collaborazione con i giornali per ragazzi: “Il balilla”, “Argento vivo”, “La tribuna”.
Dopo la guerra e l’Armistizio dell’8 settembre 1943, decise di riparare nella sua Canosa con la moglie e i tre figli, facendo ritorno nella Capitale solo qualche tempo dopo, riprendendo servizio come impiegato statale, dopo la pausa imposta dal conflitto mondiale, e ricominciando da zero a intessere i rapporti con i direttori della carta stampata.
«Ebbe la fortuna di essere presentato a Domenico Volpi, direttore de “Il Vittorioso”, il più diffuso giornale per ragazzi degli anni ’50, il quale gli chiese di scrivere soltanto storie per fumetti. - prosegue Ieva - Pur non essendo quella la sua vocazione, dopo alcuni tentativi, riuscì nell’intento: da quel momento, nell’arco di dieci anni di cooperazione con “Il Vittorioso”, gli “Albi”, “Il Giornalino”, il “Corriere dei Piccoli”, il “Messaggero dei Ragazzi”, le storie che scrisse diventarono quasi cinquecento e trovarono parecchio spazio anche i racconti, le novelle e le poesie».
Pur avendo già superato i quarant’anni (dell’epoca) Danilo Forina era costantemente animato da uno spirito giovanile d’eccezione e, rivolgendosi ai giovani, si sentiva giovane come loro, e tale era rimasto anche agli occhi della nipote Maria, con la quale condivideva racconti a puntate. «Composti oralmente nei viaggi che mi riconducevano a casa” - ha raccontato Danilo Forina nei suoi appunti - “nella ridente vallata canosina, tra le murge carsiche di un paesino ultimo della provincia barese, dove ella m’attendeva impaziente e pronta a tenermi testa, rendendo i racconti intriganti. In lei vedevo riflessa la mia passione, la mia fantasia, dalla infinita vitalità che come linfa la nutriva”».
Scrisse anche “cineromanzi” di carattere umano, storico, sociale, miscelando spesso realtà e fantasia, realtà ed avventura, come “Il Cantico dell’arco”, “La Croce Scarlatta”, “Tredici stelle per una bandiera”, “Il Sirventese”, “Gli Swilers di Terranova”, “Un Tamburino per la barricata” e altri ancora che furono classificati capolavori del fumetto.
Ma, nonostante la produzione di notevole successo delle sue storie inserite nei balloons (i palloncini o, meglio, le nuvolette che racchiudono le parole dei personaggi), non era affatto soddisfatto dei racconti per fumetti che inizialmente per lui erano stati solo un ripiego. «Era nato poeta e narratore e sentiva la necessità di scrivere libri.- prosegue Ieva - Dalla Scuola Editrice di Brescia, infatti, ebbe l’incarico di scrivere volumi di divulgazione scientifica su temi di zoologia: “Gli animali del deserto”, “Il signore della giungla e della savana”, “Strani animali”, “Strade e ruote” e “Il libro del mare”».
Nel 1961, dopo aver collaborato con i Fratelli Fabbri Editori di Milano, con una trentina di pezzi antologici per i libri di testo delle scuole elementari e con racconti per il periodico “Selezione dei Ragazzi”, entrò finalmente nel “sacrario” Mondadori di Milano.
La tenacia e la perseveranza di Danilo Forina premiarono le sue ambizioni anche con l’adattamento di alcuni film di Walt Disney: “L’asinella del Far West”, “Un simpatico imbroglio” e “La colomba del miracolo”, quest’ultimo con lo pseudonimo di Franco Japigio. Sempre per la Disney scrisse sceneggiature per i fumetti “Paperino e la storia romana” e “Il crack di Paperon de’ Paperoni”.
Grande popolarità ebbero pure il romanzo western “La pista dell’Oregon”, I Cavalieri dello spazio”, “Una fantastica storia del West”, il cineromanzo “Lo sceriffo di Prescott”, “Le antiche civiltà”, “L’asinella selvaggia”, “Il gigante della giungla e della savana”, “Il corsaro del Mediterraneo”, “I Crociati” «e numerosissimi altri volumi che - sottoliena Pasquale Ieva - mi propongo di esporre e far conoscere al grande pubblico, con una mostra tematica sullo “Scrittore, poeta, autore e sceneggiatore di fumetti” di Canosa».
Danilo Forina è scomparso a Roma nel 1993. Sua nipote Maria così lo ricorda: «Fu un autore eclettico, dai mille volti. Nota la sua versatilità in campo letterario. Ebbe come compagna come musa ispiratrice la parola, alla quale riconosceva una leggendaria vitalità, alla quale rimase fedele per tutta la vita e alla quale si rivolse per esternare con meraviglia il suo smisurato amore per l’esistenza che avara lo mise spesso alla prova».
«Narrare è stata la ragione della sua vita e lo è stato sempre, fino a quando non fu apposta la parola fine al suo “passaggio”. - conclude Ieva - E di quel “passaggio” mi piace riproporre una delle sue liriche a cui sono molto legato dal titolo evocativo: “Passò”»
Eccola allora: ”Sorella, quando batterai alla mia porta io ti dirò: ‒ Tu sii la benvenuta! ‒. Non m’importa quali ore sceglierai per visitarmi. Che tu venga col sole, col vento o con la pioggia… sarà perfettamente uguale. Ma, lasciami il tempo d’imprimere un’orma affinché qualcosa resti, qualcosa che possa dire: Passò!”.