Clima

Bat, caldo e mare d'autunno: come cambiano le abitudini in provincia

Giuseppe Lagrasta

Dal Trabucco di Levante tante sono le visioni che raccontano il moto ondoso della vita

BARLETTA - Il caldo belva dal furore estivo s’è mutato in caldo d’ottobre, in caldo dolce e delicato, parsimonioso di tenerezze che il tempo, questo tempo strano farà suo; in questo periodo la sabbia emana un altro odore, un odore di giovane atleta, che si sta rinfrescando in un prato rotolando nell’erba verde; la sabbia possiede quell’odore d’erba verde appena accarezzata da una mano gentile che fa affiorare immagini d’un mattino ancora giovane e forte, senza aver paura della sorte e dei giorni dai lunghi tormenti.

Ma il furore del sole, abbacinante nel mezzogiorno barlettano, inquieta, affolla la mente, ironizza su quest’ estate favorita dalla distrazione degli dei mentre le meduse ancora, a mare basso, attendono, fino al calar del sole, corpi e braccia amiche da accarezzare. L’autunno strizza gli occhi alle onde felici del mare, l’autunno s’intorba all’odore delle castagne, ma il sole non lascia spazio che a solitudini e pensieri vaganti tra le ombre ondose del Trabucco a Levante, sul ciglio di frontoni di pietra, di anime pietraie arse dal sole e dall’acqua di sale. Dalla spiaggia osserviamo il Trabucco, si vedono i contorni e mentre via via ci avviciniamo, il Trabucco ci appare come un dio silente con le braccia protese verso il mare, tese ad abbracciare naufraghi dolenti e impauriti dalla cattiva sorte.

Il cielo, d’un azzurro terso, ricorda gli occhi del mondo che osservano il sole, osservano d’intorno e son contenti della quiete, raggiunta dopo una fredda e tumultuosa tempesta. Ma l’azzurro fa immaginare voli catartici nell’universo, vissuti tra azzurrità cosmiche; un desiderio di pace e di silenzio per amare le bellezze di un cielo molto spesso, deturpato dalle azioni proterve dell’uomo.

E Ulisse, d’un tratto ci appare, fa segno con la mano, si agita, ci chiama; con l’amica che mi è accanto, ci chiediamo se Ulisse, l’eterno naufrago è arrivato, qui, quest’oggi in pieno pomeriggio, se è lui, sulla spiaggia adriatica a chiederci lumi su Dante e sui suoi prodi guerrieri oppure vorrebbe portarci tra Scilla e Cariddi per cantarci le bellezze delle sue avventure, ricordando Penelope e Telemaco. L’amica che mi è accanto, sorride, e mi indica altre ombre sul mare, altri naufraghi stremati; alcuni, sono bambini e poi donne e poi vecchi e sono lì che attendono di approdare su una riva accogliente, in un porto sicuro.

Le pietre sono silenti, il Trabucco è immobile, alcuni bagnanti s’avventurano tra le onde, sfidando il tempo d’ottobre; anche se del sole belva, qui, in Puglia abbiamo un pallido ricordo, lo stesso sole che oggi scantona, apre strade d’avventure e di meraviglia mentre le meduse comode comode, attendono il nuotatore ottobrino. Ah ! Il nuotatore ottobrino, che se ne va dolce e desideroso d’avventure marine, mentre il sole dissolve le poche ombre d’alberi, ora che ancor più spoglia, la spiaggia d’ottobre pare avvolta da un vuoto d’amore, assoluto. Ma il tempo d’ottobre avrà buone ragioni per riacquistare la dolcezza odorosa delle castagne sul fuoco, del buon vino che da queste parti non manca per offrire una calma pensosa che la civiltà delle supertecnologie, richiede.

Ma è un tempo, il nostro, tempo di orizzonti di rovine ma anche tempo di costruzioni e di cantieri aperti per la crescita umana e spirituale, dove sarà necessario fermarsi, riflettere e osservare il Trabucco mentre dorme oppure mentre sorveglia i naviganti che s’avvicinano o s’allontanano dalla costa adriatica.

Ma è un tempo questo, d’armonia ma anche di dissonanza, di inquietudine e di abbandono, di velocità e di introspezione, di lentezza e di accelerazioni subitanee. Ma le orme che marcano la sabbia indicano che l’umano non è ancora del tutto smarrito e che andare sulla sabbia, passeggiare e osservare l’aria lucida, quasi vetro trasparente che abita il cielo cosmico, vuol dire essere testimoni di una forza vitale che non indulge a lamentazioni, ma che osserva, riflette, polarizza certezze sapendo convivere con le incertezze, incontra l’elogio delle ombre e le furie dei venti contrari; è questo il tempo della sofferenza, della povertà, ma anche della lotta e osservare il mare, credere nei naufragi, perché ognuno, da un momento all’altro potrebbe naufragare come Giacomo Leopardi, tra le onde della propria anima inquieta.

Così, dal cuore della poesia, sgorga il pensiero del naufragio, come confusione nel mondo, come naufraghi dell’indecisione confusiva che abita la nostra memoria di cittadini del mondo, come naufragio provocato da una dimenticanza o da una assenza, da una insolenza o da una cifra d’abbandono. Ecco che la dinamica intrisa di esercizi di accoglienza, qual è il linguaggio della vera poesia, apre orizzonti vasti di senso e significato ridonando all’essere cittadini del mondo una pregnanza che spesso ha dimenticato che il senso ultimo, e non meno importante, dovrà essere l’accoglienza che ricorderà che anche il Trabucco, con le sue braccia protese verso il mare è capace di attendere, con le braccia protese e accogliere, innocenti naufraghi alla deriva della Terra.

E così, ritorna il nuotatore a riva, con i suoi occhi ridenti d’acqua e di luce, con le sue braccia stanche e il corpo quasi intimidito dalla brezza marina autunnale. Il nuotatore autunnale potrebbe raccontarci, se lo volesse delle ombre che ha incrociato, barcollanti sulle onde, oppure potrebbe segnalarci, di aver ascoltato il dialogo tra Ulisse e Telemaco, il figlio disperato per l’assenza del padre, oppure, potrebbe dirci di un dialogo tra un vecchio pescatore e il mare, le parole dette e non dette, il silenzio tra il pescatore e l’acqua fonda e tenebrosa (metafora della lotta eterna contro il destino), anche a costo di perdere tutto e di tornare alle porte del cielo con l’anima silente d’abbandono. Ma la calura ottobrina di questi giorni è velena per la natura, è veleno per il tempo che scorre, è tenebra per la terra a causa della siccità, è belva per l’equilibrio dei giorni che verranno. Così il vecchio pescatore ci ricorderà di non arrenderci e di lottare, fine alla fine, anche con tempeste e onde d’urto contrarie.

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