Giustizia truccata

Trani: «Potrebbero inquinare le prove», arresti prorogati per Savasta e Nardi

Massimiliano Scagliarini

La Procura di Trani ha ottenuto la proroga della custodia cautelare fino al 14 ottobre

Fu l’ex gip Michele Nardi il «determinatore» delle condotte illecite dell’ex pm Antonio Savasta. È questa la linea che la Procura di Trani ha sottoposto al gip Giovanni Gallo per chiedere (e ottenere) la proroga della custodia cautelare dei due magistrati e dell’ispettore di polizia Vincenzo Di Chiaro fino al 14 ottobre.

L’ordinanza del gip dà il senso di una indagine, quella sulla giustizia truccata nel Tribunale di Trani, che è ancora in corso e potrebbe rilevare sorprese. Non sono infatti concluse «le analisi dei dati ricavabili dalle agende sequestrate a Michele Nardi, dati da leggere in correlazione anche con le dichiarazioni rese da D’Introno (Flavio, l’imprenditore di Corato le cui dichiarazioni hanno dato il via agli arresti di gennaio, ndr) e Savasta anche in ordine al coinvolgimento del magistrato Luigi Scimè, il cui ruolo di concorrente nelle vicende che interessano il D’Introno appare ovviamente di immediato rilievo». Durante le perquisizioni disposte a gennaio, sono stati effettuati 48 sequestri tra computer, chiavette usb e cellulari su cui è ancora in corso l’esame dei dati.

Ma c’è di più. Dopo la notizia degli arresti sono state presentati denunce «da altri soggetti (imprenditori del luogo e avvocati) che hanno riferito di vicende di natura corruttiva coinvolgenti gli indagati, sui quali sono in corso riscontri particolarmente complessi anche in considerazione dell’epoca remota di datazione dei fatti». È ad esempio il caso degli imprenditori Casillo e Ferri, ma anche della vicenda che riguarda l’hotel Salsello di Bisceglie: vicende che «si connotano per la svendita ed il mercimonio della funzione giudiziaria» e giustificano - secondo la Procura - una conferma «al contestato delitto di associazione a delinquere» finalizzata alla corruzione in atti giudiziari.

La Procura di Lecce ritiene che fosse in atto «la creazione di false apparenze documentali per screditare D’Introno», fino a tre mesi fa il perno dell’indagine con il racconto dei 2 milioni di euro dati a Nardi e Savasta, poi integrato con i soldi dati a Scimè e ad altre persone le cui posizioni sono ancora al vaglio.

Senza la proroga di tre mesi, i tre arrestati sarebbero tornati liberi prima di metà luglio. Secondo il gip Gallo esiste sia il pericolo di reiterazione dei reati sia, soprattutto, quello di inquinamento probatorio: se Nardi, Savasta e Di Chiaro tornassero liberi potrebbero influenzare l’incidente probatorio che riprenderà mercoledì prossimo. Peraltro - aggiunge il gip - «dalle indagini emerge la trama di rapporti intessuti dagli indagati a più livelli, sia a livello locale che nazionali, sia legati alle professioni svolte che esterni al mondo lavorativo». Il riferimento è ai contatti di Savasta (che è ai domiciliari) «con imprenditori di rilievo in grado di rendersi garanti per Savasta stesso», e per Nardi (che è in carcere a Taranto) con il mondo della massoneria: l’ex gip è l’unico degli arrestati che non ha mai aperto bocca, se non per smentire tutte le accuse. Il suo interrogatorio di garanzia, secondo il Tribunale del Riesame, è stato un «ulteriore tentativo di mistificare la realtà».

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