Niente aperture festive

Trani, Castello svevo chiuso di domenica: risorse finite

Nico Aurora

È la quinta di sette giornate festive di serrata per la carenza di organico

TRANI - Trani Anche oggi, domenica 18 novembre, il Castello svevo è chiuso. Si tratta della quinta di sette giornate festive di porte serrate, a causa dell’ormai ben nota carenza di organico ed impossibilità di assicurare la copertura dei turni festivi, già tutti consumati. Il personale del Polo museale della Puglia è in stato di agitazione e, nei giorni scorsi, ha tenuto anche una manifestazione di sensibilizzazione chiudendo tutti i siti per due ore per porre in risalto, agli occhi del pubblico, un problema di lunga data e tuttora senza soluzione.

A Trani, però il castello chiuso ripetutamente, in questa parte finale dell’anno, ha un sapore ulteriormente amaro nella misura in cui il 2018 è l’anno del ventennale dalla riapertura. Al di là di una bella mostra fotografica sull’arte venatoria di Federico II, nessuna manifestazione celebrativa si è tenuta fra le mura federiciane di piazza Re Manfredi, e questo accresce il dispiacere.
Ma cosa si perdono, esattamente, tutti coloro che oggi sarebbero voluti entrare per visitare il castello svevo, ma non possono farlo?
Un’iscrizione murata nel cortile del castello ci dice che la sua costruzione iniziò nel 1233, quando vennero abbattute le precedenti costruzioni – compreso il vicino convento francescano – per fare posto alla fortificazione voluta da Federico II, che visitò l’anno successivo il cantiere per controllare l’andamento dei lavori.

Come per tutti i castelli svevi costruiti sulla costa, anche questo prevedeva l’accesso via mare attraverso una delle torri. Ad una di queste Federico II fece impiccare il figlio del doge di Venezia, Pietro Tiepolo, podestà di Milano che fu preso prigioniero nella battaglia di Cortenova del 1237.
Tracce importanti del periodo svevo si ritrovano nel cortile centrale, dal quale si accedeva ai saloni del piano superiore: alcune mensole ancora in situ (tra cui quelle raffiguranti Adamo ed Eva, l’Angelo annunciante e la Vergine annunciata, una cariatide danzante, un’aquila ad ali spiegate) testimoniano l’esistenza di una originaria copertura a crociere del corridoio nonché stretti rapporti a livello iconografico con la decorazione della vicina cattedrale.
Adamo ed Eva e l’Annunciazione sono solo apparentemente un tema religioso: in realtà si tratta di una raffigurazione di carattere socio-politico, che rinvia alla consistente presenza giudaica nella città di Trani e all’alto senso di imparziale giustizia dell’Imperatore nei confronti di sudditi di credo differente, simbolicamente reso da un motivo ispirato al principio della concordanza del Vecchio e Nuovo testamento.

Il 2 giugno 1259 arrivò a Trani dal mare una fanciulla, che doveva diventare la sposa del re. Aveva solo 17 anni e si chiamava Elena, veniva dall’Epiro e portava in dote al re Manfredi, figlio prediletto di Federico II di Svevia, Corfù e Durazzo. Le sontuosissime nozze si svolsero nel castello, tutta la città era in festa e tributò grandi onori alla nuova regina.
I due sovrani trascorsero sette anni di grande felicità, ed ebbero quattro figli, Beatrice, Enrico, Federico ed Enzo, ma nel 1266 la regina conobbe l’amarezza della prigionia, a seguito dell’uccisione del marito sui campi di Benevento, nella battaglia contro gli angioini.
Elena fu abbandonata da tutti quelli che le stavano intorno, tranne che da Munaldo ed Amundilla, una coppia di tranesi che la aiutarono a rifugiarsi, insieme con i figlioletti, nel castello: qui avrebbe aspettato il momento propizio per ritornare in patria e salvarsi. Tuttavia, prima che il vento le fosse favorevole, il castellano la tradì consegnandola agli angioini e lei si ritrovò prigioniera nel luogo stesso dove anni prima era iniziata la sua felicità.

Nozze fastose furono celebrate nel castello anche in età angioina ,come quelle dello stesso Carlo con Margherita di Nevers, nel 1268, e del principe Filippo con Isabella Comneno, nel 1271. Qui fu tenuta prigioniera, dal 1268 alla morte avvenuta nel 1279, Siffridina, contessa di Caserta, che aveva favorito la sfortunata discesa di Corradino di Svevia e taciuto fino alla fine i nomi dei congiurati.

La donna morì dopo qualche anno nella torre del maniero e, secondo alcune interpretazioni mai verificate, l’eventuale spettro che aleggerebbe nella fortezza potrebbe appartenere a questa donna e non ad Armida, di cui si parla in molti testi, mai menzionata nei documenti ufficiali del Castello.
Per volontà del re di Spagna Filippo II d’Asburgo, come detto nella pagina accanto, dal 1586 al 1677 ebbe sede nel castello di Trani la Sacra regia udienza della Provincia della Terra di Bari. Nel 1799 vi furono rinchiusi e trucidati i nobili idealisti tranesi, i cui corpi vennero gettati in mare.

Con la trasformazione in Carcere centrale provinciale, dal 1832 l’intero edificio fu sottoposto ad una generate ristrutturazione che ne alterò sensibilmente la fisionomia, soffocando con la realizzazione di corpi aggiunti (uffici, casa del Direttore, carcere femminile, celle d’isolamento, falegnameria, lavanderia) l’armonica scansione delle cortine e delle torri e alterando l’originale spazio dei cortili.

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