Pisticci commemora la tragedia di SantApollonia
di MICHELE SELVAGGI
La notte più tragica di Pisticci. Quella del 9 febbraio 1688, meglio conosciuta come notte di Sant’Apollonia, una data indimenticabile per il popolo pisticcese, in cui si verificò una frana di grandissime proporzioni, causata soprattutto dalle incessanti nevicate che in zona si abbattevano ininterrottamente da diversi giorni. Il disastro colpì la parte più vecchia dell’abitato, l’attuale rione Terravecchia, con il terreno inumidito e appesantito dalla coltre bianca, che cedette improvvisamente, sprofondando per oltre 70-80 metri, provocando grande distruzione, ma anche la morte di circa 300 persone e tantissimi feriti tra gli abitanti della zona colti nel sonno. Dopo la tragedia, che aveva tagliato in due la parte più antica di Pisticci, si pensò anche di poter trasferire altrove l’abitato in una zona pianeggiante, compresa tra le contrade di San Pietro, Rizzitella e di Caporotondo, a circa cinque - sei chilometri dall'abitato. La cosa però, non trovò d’accordo la quasi unanimità dei cittadini che si batterono per rimanere nei posti dove erano nati e cresciuti con le loro famiglie, nonostante l’incombente pericolo di nuove frane o cedimenti come quello recente, che aveva mietuto centinaia di vittime tra i concittadini.
Ma i guai per l’abitato di Pisticci non erano certo finiti, perché a distanza di un paio di mesi, all’imbrunire della sera del Sabato Santo, una fortissima scossa di terremoto, registrata anche nei paesi vicini, creò tantissimo panico tra gli abitanti ed altri gravi danni alle strutture, ma per fortuna senza provocare altre vittime. Sulle rovine della frana si cominciarono successivamente a costruire casette basse di colore bianco, formando tante schiere divise dalle strade,tipico esempio di una straordinaria architettura spontanea di tipo mediterraneo.
Nasceva così il rione Dirupo le cui suggestive costruzioni sono state ammirate dai visitatori di ogni parte del mondo e che oggi è considerato una delle "Cento meraviglie dell'Italia da salvare" e inserito nel ricco patrimonio dell'Unesco. L'Amministrazione comunale anche quest'anno ricorda quella tragica data con alcune iniziative. Stamattina, alle 10, nell'abbazia di Santa Maria del Casale, verrà concelebrata una messa da tutti i parroci di Pisticci, Marconia e Pisticci Scalo. A seguire la deposizione da parte del sindacio Vito Di Trani, di una corona di fiori al ceppo funerario all'interno del cimitero. In serata, alle 19 in chiesa Madre, un Concerto ad requiem dell'Accademia «Busoni» con la direzione artistica del maestro Alessandro Vena. Seguirà un concerto d'organo del maestro Ennio Caminetti. Ieri sera, vigilia del tragico evento, i rintocchi funebri delle campane di tutte le chiese di Pisticci, hanno ricordato l’e pisodio rimasto scolpito nella memoria storica del paese.
La notte più tragica di Pisticci. Quella del 9 febbraio 1688, meglio conosciuta come notte di Sant’Apollonia, una data indimenticabile per il popolo pisticcese, in cui si verificò una frana di grandissime proporzioni, causata soprattutto dalle incessanti nevicate che in zona si abbattevano ininterrottamente da diversi giorni. Il disastro colpì la parte più vecchia dell’abitato, l’attuale rione Terravecchia, con il terreno inumidito e appesantito dalla coltre bianca, che cedette improvvisamente, sprofondando per oltre 70-80 metri, provocando grande distruzione, ma anche la morte di circa 300 persone e tantissimi feriti tra gli abitanti della zona colti nel sonno. Dopo la tragedia, che aveva tagliato in due la parte più antica di Pisticci, si pensò anche di poter trasferire altrove l’abitato in una zona pianeggiante, compresa tra le contrade di San Pietro, Rizzitella e di Caporotondo, a circa cinque - sei chilometri dall'abitato. La cosa però, non trovò d’accordo la quasi unanimità dei cittadini che si batterono per rimanere nei posti dove erano nati e cresciuti con le loro famiglie, nonostante l’incombente pericolo di nuove frane o cedimenti come quello recente, che aveva mietuto centinaia di vittime tra i concittadini.
Ma i guai per l’abitato di Pisticci non erano certo finiti, perché a distanza di un paio di mesi, all’imbrunire della sera del Sabato Santo, una fortissima scossa di terremoto, registrata anche nei paesi vicini, creò tantissimo panico tra gli abitanti ed altri gravi danni alle strutture, ma per fortuna senza provocare altre vittime. Sulle rovine della frana si cominciarono successivamente a costruire casette basse di colore bianco, formando tante schiere divise dalle strade,tipico esempio di una straordinaria architettura spontanea di tipo mediterraneo.
Nasceva così il rione Dirupo le cui suggestive costruzioni sono state ammirate dai visitatori di ogni parte del mondo e che oggi è considerato una delle "Cento meraviglie dell'Italia da salvare" e inserito nel ricco patrimonio dell'Unesco. L'Amministrazione comunale anche quest'anno ricorda quella tragica data con alcune iniziative. Stamattina, alle 10, nell'abbazia di Santa Maria del Casale, verrà concelebrata una messa da tutti i parroci di Pisticci, Marconia e Pisticci Scalo. A seguire la deposizione da parte del sindacio Vito Di Trani, di una corona di fiori al ceppo funerario all'interno del cimitero. In serata, alle 19 in chiesa Madre, un Concerto ad requiem dell'Accademia «Busoni» con la direzione artistica del maestro Alessandro Vena. Seguirà un concerto d'organo del maestro Ennio Caminetti. Ieri sera, vigilia del tragico evento, i rintocchi funebri delle campane di tutte le chiese di Pisticci, hanno ricordato l’e pisodio rimasto scolpito nella memoria storica del paese.