il dato

In Basilicata gli scarti agricoli come risorsa valgono fino a 81 milioni di euro

ANTONELLA INCISO

Il progetto «Spia» sulla valorizzazione dei sottoprodotti

Ottantuno milioni di euro. È quanto potrebbe generare, in termini di valore economico, la filiera degli scarti agricoli in Basilicata. Oltre ad evidenti benefici ambientali, infatti, è questa la cifra che gli scarti di lavorazione dei comparti olivicolo, vitivinicolo e cerealicolo delle aziende lucane, se trattati con tecnologie avanzate, potrebbero produrre. Una cifra importante che, al momento, invece, si trasforma in una occasione sprecata. Invertire la rotta, però, non solo è possibile ma oggi potrebbe essere ancora più facile grazie ai risultati del progetto “Spia” dedicato alla valorizzazione dei sottoprodotti dell’industria agroalimentare, che ha visto coinvolte l’Università degli Studi della Basilicata, Agreement, il Crea, il Cnr, la Regione ed alcune aziende locali, focalizzandosi sui sottoprodotti di tre filiere chiave del settore agroalimentare lucano: la cerealicola, l’olivicola ed infine quella vitivinicola.

L’iniziativa sarà presentata, su indicazione del Dipartimento Attività Produttive, nel pomeriggio di martedì 29 ottobre a Venosa, nell’ambito di un incontro a cui parteciperanno esperti e rappresentanti istituzionali. In particolare, i risultati della ricerca hanno evidenziato l’elevato potenziale economico di queste filiere che si stima possano generare un valore di circa 81 milioni di euro. Questo ha portato alla creazione di un Atlante degli scarti agroalimentari della Basilicata, un database georeferenziato che fornisce informazioni cruciali per ottimizzare la gestione e il riutilizzo degli scarti, individuando le aree con maggiore potenziale energetico. Nel progetto, poi, emerge come la valorizzazione dei sottoprodotti della filiera olivicola (foglie, acque di vegetazione e sansa) passi per le loro proprietà antiossidanti, mentre i residui della filiera enologica (potatura e vinaccia) possono essere trasformati in fonti naturali di antiossidanti. Utilizzando sottoprodotti cerealicoli (paglia di grano e pula di farro), poi, è stata sviluppata una procedura ecosostenibile per il trattamento delle acque di vegetazione dell’olio di oliva a scopi fertirrigui. Previsto anche l’utilizzo innovativo degli scarti per la bioconversione attraverso l’allevamento dell’insetto “hermetia illucens”, che consente di trasformare i residui organici in farine proteiche per mangimi e ammendanti agricoli.

Un ruolo importante hanno avuto anche le aziende coinvolte (Inol Masturzo, Consorzio di tutela olio dop del Vulture, Cantine del Notaio e Con.Pro.Bio Lucano) che hanno sperimentato l’utilizzo di tecnologie avanzate come algoritmi predittivi e mappe di prescrizione per ridurre gli scarti direttamente in campo. Insomma, tanti risvolti per un progetto innovativo che rappresenta un punto di partenza importante per ulteriori ricerche.

Privacy Policy Cookie Policy