La curiosità

Basilicata, «Farine di insetti a tavola? Fanno bene»: la parola all'esperto

Enzo Fontanarosa

Sull’arrivo della farina di grillo, ma non solo, ne parliamo con una «autorità» in materia, Antonello Paparella, barese di origine, ordinario di Microbiologia alimentare nella facoltà di Bioscienze e tecnologie agro-alimentari e ambientali dell’Università di Teramo

MATERA - La notizia tiene banco. Perché l’italica tradizione culinaria, uno dei vanti del Belpaese, dovrà fare i conti con un «ingrediente» in più: la farina di grillo nei prodotti alimentari e tra gli scaffali dei supermercati. E per regioni come la nostra, dove le eccellenze agroalimentari consolidano sapori, saperi e budget, che cosa succederà? Se nella Penisola al solo pensiero viene da arricciare il naso, di parere diverso è la Commissione europea che, c’è pure una data, dal 24 gennaio prossimo, ha dato il via alla vendita (grazie al Regolamento di esecuzione 2023/5) col parere positivo dell’Autorità europea per la Sicurezza alimentare.

Non è una bizzarria da grigi burocrati. Anzi, numerosi studi evidenziano come gli insetti possano essere considerati una soluzione alternativa per combattere addirittura la fame del mondo, perché fonte anche di proteine di qualità. Resta, però, non facilmente accettabile dalla nostra cultura gastronomica: vallo a dire a chi abita lo Stivale che in tanti altri Paesi, invece, mangiare insetti è parte dell’alimentazione. Quel pane quotidiano che non dovrebbe mancare mai a nessuno, insomma, specie nella città che ne ha fatto il suo sinonimo, tanto perfetto da essere immutato e insuperabile da sempre, ora dovrà ora temere una “evoluzione” in nome della modernità?

Sull’arrivo della farina di grillo, ma non solo, ne parliamo con una «autorità» in materia, Antonello Paparella, barese di origine, ordinario di Microbiologia alimentare nella facoltà di Bioscienze e tecnologie agro-alimentari e ambientali dell’Università di Teramo. È anche un divulgatore scientifico e, come tale, volto noto del piccolo schermo. In questi giorni è in Basilicata dove ha incontrato gli studenti dell’Alberghiero «Turi» e dell’Agrario «Briganti» di Matera e del Liceo «Fermi» di Policoro in un percorso formativo organizzato dall’Ordine dei Medici veterinari del Materano, il cui presidente è la dott.ssa Filomena Montemurro.

Professor Paparella, cultura a tavola e gusti a parte, cosa dovremmo trovare di buono negli insetti?

«Diciamo subito che si tratta di insetti che sono allevati proprio per uno scopo alimentare, quindi in condizioni di controllo estremo di tutti i fattori ambientali. È una fonte proteica molto interessante. Oggi siamo 7,6 miliardi di abitanti sulla Terra ed entro il 2050 si pensa si arriverà a 10 miliardi: è molto difficile avere proteine di qualità per tutti, e quelle degli insetti sono di alta qualità. Chiaramente, ci sono una serie di incognite».

In che senso?

«Non sappiamo se ci sono dei microrganismi che oggi non consideriamo patogeni e che potrebbero essere veicolati da queste farine. Per non dire, poi, del problema degli allergeni: chi è allergico, ad esempio, ai crostacei, non può consumare questi prodotti. Quindi non sappiamo un domani esattamente quali possono essere i riflessi per la salute».

I prodotti derivati da insetti troveranno acquirenti, anche solo per curiosità, dalle nostre parti?

«Dubito che in Europa trovi spazio un consumo di insetti paragonabile a quello dell’estremo Oriente. In Italia possono già essere acquistare larve della farina, vendute come appetizer, come snack. Ritengo che sarà più probabile l’impiego come farine per fare biscotti mescolate a quelle tradizionali di frumento. Dobbiamo aspettarci che, se la stessa farina di insetti diventi un ingrediente globale, possano nascere gli stessi problemi e frodi che interessano altri alimenti, come le produzioni che possono arrivare da stabilimenti non autorizzati o farine di insetti non consentiti. Sarà tutto in divenire».

Nella tradizione culinaria lucana, non mancano le lumache di terra quale piatto tipico. O, pensando alla Puglia, le salentine «cozze municeddhe». Un certo uso di insetti, però, c’è già nei nostri territori.

«Sì, aggiungerei anche il formaggio con i vermi, che ritroviamo in Puglia come anche in Abruzzo e Sardegna, che di fatto contiene larve di mosca. Ciò desta sì ritrosia in molte persone ma, ripeto, danno proteine non solo di eccellente qualità. In alcuni studi recenti è emerso che il contenuto in antiossidanti è maggiore in alcuni insetti rispetto addirittura al succo di arancia. Quindi gli insetti nell’alimentazione potrebbero contribuire, ma questo lo dimostreranno solo studi clinici fatti su ampia scala, a controllare i processi infiammatori che oggi sono alla base di molte malattie croniche».

Ci vuol dire che nutrono e fanno bene alla salute?

«Non è casuale che alcune Nazioni, come la Corea, vantino un numero di centenari incredibile. Hanno una longevità estrema e delle abitudini alimentari molto particolari, tra cui quella di iniziare tutti i pasti, ad esempio, con le larve del baco da seta grigliate. È il loro “appetizer”, appunto, uno stuzzichino».

Dalle sue ricerche recenti, sulle potenzialità di applicazione di principi attivi di origine naturale per la bioconservazione e/o la decontaminazione dei prodotti alimentari, per quali specialità delle tradizioni gastronomiche lucane possono trovare impiego?

«La Basilicata ha un vero patrimonio in termini di produzioni casearie e di salumi, che però devono fare ricorso, necessariamente, a ingredienti/conservanti che non sono estremamente salutari, quali sono il sale e il nitrito. Quest’ultimo è utilizzato da quasi tutti, anche dai piccoli produttori, per proteggerci dal rischio della formazione della tossina botulinica nei salumi. Il sale sappiamo bene che è fattore di rischio per il cancro dello stomaco e le patologie cardiovascolari: lo dice sempre anche il medico di base che va limitato. Il sale potremmo abituarci a sostituirlo con le spezie».

E non solo.

«Pensiamo, poi, all’uso del miele come antimicrobico. Lo si sta riscoprendo anche in medicina addirittura per trattare alcune ferite o piaghe da decubito negli anziani. Sono tutte risorse antiche che adesso recuperano la loro efficacia anche alla luce di studi importanti, alcuni realizzati pure in Italia. Vanno riviste anche delle credenze che abbiamo. Su tutte, l’utilizzo del bicarbonato per pulire le verdure a casa. Abbiamo dimostrato che non funziona poi granché come agente di pulizia, al contrario di estratti vegetali e oli essenziali che sono molto efficaci. Dobbiamo osservare tutti la natura con più umiltà, cercando di imitarla, perché ha dei meccanismi perfetti. Se non riusciamo a emularla completamente, possiamo trarre ispirazione e risolvere tanti problemi attuali».

Ci fa un esempio?

«Quello della plastica. Si stanno studiando tante alternative, a partire dalla cellulosa. C’è la pectina contenuta nella frutta, modificandone alcune proprietà fisiche può produrre rivestimenti da applicare direttamente sull’alimento. Ciò permetterebbe di comprare del cibo rivestito di questi strati sottilissimi e mangiabili con l’alimento stesso, così come faremmo con la cialda del gelato».

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