il caso
Giovinazzo, l’iter per il resort Blue Tourism ripartirà da zero. La Regione: per ora nessun via libera
Dopo la sentenza del Consiglio di Stato sul progetto che riguarda l’ex marmeria Barbone. I giudici: è necessaria la Valutazione di impatto ambientale
Nessun «via libera» alla possibile realizzazione del resort sulla litoranea tra Giovinazzo e Santo Spirito. Tutto è da rifare. Ai toni entusiastici dei giorni passati per un iter in discesa alla costruzione della mega struttura di lusso, in modalità green, nella zona dell’ex marmeria Barbone, dalla Regione Puglia si respira un atteggiamento più cauto e rispettoso di tempi e procedimenti che impongono passaggi obbligati prima del «sì» definitivo. Nella fase d’appello tutto è stato rimesso in discussione e dopo la sentenza del Consiglio di Stato adesso si riaprirà l’iter di giudizio.
Uno a zero per la società Blue Tourism perché sono stati annullati i provvedimenti che avevano stoppato il progetto, ma palla è al centro. Non è un via libera a tutti gli effetti. La sentenza del Consiglio di Stato è chiara nel dispositivo: intanto dà ragione alla Regione quando dice che il progetto andava sottoposto a VIA (la società in un primo tempo aveva presentato una verifica di assoggettabilità VIA) e in seconda battuta indica di riaprire il procedimento perché la motivazione del diniego era contraddittoria e incompleta rispetto ai pareri favorevoli che erano stati espressi dalla Sopraintendenza. Cosa succede ora quindi?
«Bisogna tenere in conto i pareri della Sovraintendenza – fanno sapere dalla Regione - riconsiderare le mitigazioni progettuali offerti dalla società sulla questione ‘lenticchia d’acqua’ e valutare anche la cosiddetta ‘opzione zero’ cioè se tenere il luogo allo stato naturale così com’è rispetto alla realizzazione del progetto. Entro trenta giorni va riesaminato il progetto con una nuova istruttoria che dovrà considerare i rilievi evidenziati dal Consiglio di Stato».
C’è poi un punto focale su cui si è molto discusso. «Il parcheggio interrato di quattro piani da realizzare a pochi metri dalla costa: è un problema di sicurezza. Non abbiamo detto ‘no’ a prescindere: tutti siamo d’accordo nel sostenere che un opificio abbandonato su un tratto di costa bellissimo sia un orrore, ma non è ammissibile non tener conto di leggi e sicurezza». Riassumendo: da domani la società non potrà comunque mettere mani al territorio e iniziare a costruire dopo la sentenza del Consiglio di Stato.
Infine, un punto che ha fatto molta «scena» e cioè quello della presenza della «lenticchia d’acqua». Si tratta, com’è noto, di una piccolissima pianta acquatica galleggiante, comune anche nelle zone pugliesi come Giovinazzo, dove cresce spontaneamente nelle lame che portano al mare. Nel mondo della scienza la minuscola «lenticchia» viene rappresentata come un potente depuratore naturale che ossigena l’acqua e assorbe nitrati e nutrienti in eccesso, utile insomma per i preziosi risvolti ecologici. A lungo questa piantina è stata imputata di essere il vero ostacolo alla rigenerazione dell’area su cui sorge il vecchio sito industriale: gli ambientalisti sarebbero stati cioè la pietra di inciampo dei progetti imprenditoriali e dello sviluppo economico della città. .
«Il problema non era proprio questo – ribattono dalla Regione - più che altro è una delle criticità emerse approfondendo il caso: quello che destava più perplessità era lo scavo per il parcheggio interrato che superava alcuni limiti ed è per questo che al progetto serviva la VIA e su questo abbiamo avuto ragione, sul resto il Consiglio di Stato ci ha chiesto di rifare le valutazioni».