Il caso

Voti venduti a 50 euro, la Procura chiede l'archiviazione per gli elettori di Grumo e Triggiano pagati da Sandrino: «Peccato veniale»

massimiliano scagliarini

I pm invocano la tenuità del fatto. La responsabilità ricade su chi ha comprato le preferenze: dal 3 luglio udienza preliminare per Cataldo e Maurodinoia

I voti venduti in cambio di 50 euro o (della promessa di) un posto di lavoro sono, almeno dal punto di vista penale, un peccato veniale che non merita di finire a processo. È per questo che la Procura di Bari ha chiesto l’archiviazione per le 51 persone indagate con l’accusa di corruzione elettorale nell’ambito dell’inchiesta che ad aprile 2024 portò ai domiciliari l’allora sindaco di Triggiano, Antonio Donatelli, e l’allora numero uno di Sud al Centro, Sandrino Cataldo, marito dell’allora assessore regionale Anita Maurodinoia.

Il 3 luglio davanti al gup Susanna De Felice si aprirà l’udienza preliminare nei confronti di Cataldo, Maurodinoia, Donatelli e di altre 15 persone accusate - a vario titolo e secondo le rispettive responsabilità - di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione elettorale, calunnia, corruzione e falso. Ieri i pm Claudio Pinto e Savina Toscani hanno chiesto invece l’archiviazione per i 51 elettori che, secondo l’indagine dei carabinieri, avrebbero fatto parte del «sistema Cataldo»: un meccanismo per procacciare voti che avrebbe funzionato non solo nelle elezioni 2019 di Triggiano, ma anche in quelle di Grumo Appula del 2020 quando agli elettori veniva chiesto di votare sia per il candidato al Comune che per la Maurodinoia, poi eletta alla Regione con 22mila preferenze.

In casa di un assessore di Grumo, Nicola Lella (l’unico a finire in carcere) venne trovato l’elenco degli elettori poi usato per pagare i voti. A Triggiano, l’anno prima, era stata fatta una cosa simile. Parecchi indagati appartengono agli stessi nuclei familiari. A loro Cataldo e soci «offrivano o promettevano» denaro o posti di lavoro. Persone che poi, ascoltate dai militari, hanno confermato di aver avuto soldi: qualcuno ha detto di averlo fatto per pagare le bollette.

La Procura ha ritenuto di poter ricondurre la condotta contestata agli elettori (15 sono indagati per il voto Triggiano, gli altri per Grumo) nell’alveo della particolare tenuità del fatto: il reato c’è, ma è di scarsa rilevanza e quindi non verrà punito. Una scelta che dovrà comunque passare dal vaglio di un giudice. Tra le persone per cui è stata chiesta l'archiviazione ci sono Angela Napoletano e Antonio Fortunato, candidati a Triggiano nella lista di Cataldo, e Francesco Donatelli, figlio dell'ex sindaco. La responsabilità resta dunque sulle spalle dei «compratori», che continuano a rispondere di corruzione elettorale: a Grumo la contestazione riguarda (oltre che Lella) anche l’altro candidato Giuseppe Fiore e i loro collaboratori Giovanni Lavacca, Caterina Pulieri e Michele Spano, per Triggiano invece riguarda (oltre che Cataldo) anche l’ex sindaco Donatelli, l’ex vicesindaco Vito Perrelli, i candidati Giuseppe Calisi e Angela Melo e i procacciatori Armando Defrancesco (ex braccio destro di Cataldo), Nicola Giovanni Nitti (marito della Melo) e i due figli di Perrelli.

C’è poi l’accusa di associazione per delinquere. A Cataldo (ritenuto capo e promotore del gruppo) e Lella (ritenuto organizzatore), ai quali viene contestato di aver compilato liste di elettori di cui avrebbero raccolto documento di identità e tessera elettorale, corrispondendo poi 50 euro a fronte del voto che - per quanto riguarda Grumo - vedeva un «ticket» tra Comune e Regione con la Maurodinoia, poi battezzata «lady preferenze» del Pd pugliese e quindi nominata assessore regionale ai Trasporti fino alle dimissioni: una «vera e propria “schedatura”» degli elettori, secondo gli atti, della quale però Maurodinoia ha sempre detto di non sapere nulla. Secondo la Procura lei avrebbe delegato in tutto e per tutto al marito la gestione delle sue attività politiche. Sull’accusa di associazione a delinquere, anche questo va detto, il gip all’epoca non ha però ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza.

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