Molfetta, il porto dei veleni tra indagini e ritardi: la Regione prova a togliere la gestione al Comune
L’opera doveva essere pronta nel 2013, forse se ne riparla nel 2026. Per gli appalti truccati la Procura di Trani ha chiesto l’arresto del sindaco Minervini
BARI - Quella che il 2 maggio potrebbe portare ai domiciliari il sindaco di Molfetta, Tommaso Minervini, è la terza inchiesta giudiziaria che gira intorno ai lavori per il nuovo porto commerciale di Molfetta. Ed esattamente come accadde nel 2013, quando la città fu svegliata dagli arresti ordinati dalla Procura di Trani per una presunta maxitruffa nell’appalto, anche questa volta la Regione va in pressing per risolvere la madre di tutte le anomalie: un’opera pubblica che nasce su demanio marittimo (il porto) gestita da un Comune e che creerà un’infrastruttura (il porto commerciale) destinata a fare concorrenza a quelle gestite dall’Autorità portuale.
Un enorme pasticcio che si deve alla potenza politica dell’ex sindaco Antonio Azzollini, senatore vicinissimo a Berlusconi e presidente della commissione Bilancio. Fu grazie a lui che il Comune ottenne per la prima volta in Italia la gestione dell’appalto di un porto commerciale per oltre 140 milioni di euro. Il risultato sono ritardi (doveva essere pronto entro il 2013, ora se va bene se ne riparla nel 2026) e - dice la Procura di Trani - fiumi di mazzette.
Ma c’è anche il problema - non secondario - della gestione. L’inchiesta dei pm...