serie b

Bari, Manzari «un ex speciale»: «Lì è casa mia»

pierpaolo paterno

«Devo batterlo per salvare la Carrarese. Ma guardo ancora tutte le partite dei biancorossi»

BARI - Giacomo Manzari e il Bari, atto terzo. La trama professionale del 24enne attaccante nativo del capoluogo pugliese - cresciuto tra Bari Vecchia e San Girolamo - si incrocia e si dipana con quella del pallone biancorosso. Una storia d’amore fatta di tira e molla che, ad oggi, vede i due protagonisti nel ruolo di amanti in una relazione a distanza.

Cresciuto nel Bari, nel 2018 (dopo il fallimento del club) si trasferisce al Sassuolo. Il 18 luglio 2020 esordisce tra i professionisti, in occasione della partita di serie A pareggiata per 1-1 contro il Cagliari e sostituendo al 90’ Djuricic. Nel campionato di B in corso, Manzari racimola poco più di 400 minuti in trenta giornate di campionato: 335’ nelle undici presenze col Bari e - dall’8 febbraio in poi - 87’ nelle tre apparizioni con la maglia della Carrarese.

Con i biancorossi, da inizio stagione sino al 2-1 dello scorso 2 febbraio sul Frosinone, accumula tredici panchine ritagliandosi scampoli di partite in cui non riesce ad incidere. Eppure, le premesse estive in Coppa Italia sembravano incoraggianti. Suo il gol del momentaneo pareggio nei preliminari in casa della Cremonese conclusi con l’eliminazione dei pugliesi dalla competizione dopo i calci di rigore. Da quel momento, diventa una specie di meteora incompiuta chiuso a centrocampo e in attacco dai compagni di squadra nelle varie sperimentazioni tattiche di Moreno Longo transitando dal 3-4-2-1 al 3-5-2. Vesti evidentemente non congeniali alla collocazione del calciatore barese nello scacchiere definito dal tecnico di Torino. Decisioni che ne definiscono un epilogo già scritto. Il 3 febbraio 2025 passa infatti in prestito fino al termine della stagione alla Carrarese, tornando ad indossare la maglia della squadra toscana dopo 4 anni (ci era già stato nella stagione 20/21 con tre gol in 29 gare, prima di girovagare per Frosinone, Monopoli, Ascoli e Feralpisalò). A Carrara gioca le prime tre gare dall’arrivo contro Cosenza, Salernitana e Reggiana. Salvo poi finire di nuovo in retrovia in tutte le tre sfide del mese di marzo.

Manzari, emozioni e sensazioni alla vigilia di Carrarese-Bari?

«Belle. A Bari ho lasciato tanti compagni di squadra poi diventati amici. Per me, la maglia biancorossa è come una seconda pelle. Sono motivato per domenica. Voglio dimostrare quello che valgo. Ci sono possibilità di poter giocare».

Che aria tira a Carrara?

«Ci sono stato cinque anni fa, in serie C con mister Baldini. Allo stadio si respira un clima di grande entusiasmo dopo il ritorno in B. Cercheremo in tutti i modi di regalare ai nostri tifosi la salvezza. Siamo una squadra che può giocarsela contro chiunque. Il calore della gente si fa sentire. Per la dimensione di Carrara, il pubblico e la città sono legatissimi alla squadra di calcio».

Da Longo a Calabro, cosa è cambiato sul piano tattico?

«Longo è un allenatore da uomo contro uomo, a tutto campo. Uno alla Gasperini per intenderci. Fin quando ci sono stato io, si puntava al 3-4-2-1 con due trequartisti e una punta. Calabro, invece, insiste sulla tattica. Sempre uomo contro uomo, ma con un 3-5-2 in cui la mezzala si alza per pareggiare i tre contro tre davanti se giochiamo contro una difesa a tre. In sostanza, studiamo la squadra avversaria e decidiamo il modulo da adottare. La rosa è giovane e forte. Siamo tutti disponibili a questa versatilità per aiutare il mister».

E sul piano personale?

«Come persona e giocatore cerco sempre di mantenere un rapporto professionale, senza entrare troppo nel merito caratteriale degli allenatori con cui lavoro. Sono abbastanza standard da questo punto di vista. Ognuno ha il suo ruolo e va rispettato».

Anche se a distanza, continua a seguire le vicende del Bari?

«Sicuro. Guardo tutte le partite dei biancorossi. Lì ho davvero tanti amici. Penso a Benali, Dorval e Maita. Con Mattia mi sento tutti i giorni».

Longo ha sempre avuto parole di incoraggiamento e di stimolo nei suoi confronti. Eppure, sembra che il vostro rapporto non sia mai decollato. Caratteri diversi o solo un modo diverso di vedere il calcio?

«A Bari c’erano tanti attaccanti. Sono riuscito a ritagliarmi lo spazio per non aver mai mollato e aver sempre dato il massimo in allenamento. Longo mi ha dato le possibilità che riteneva. Le ho accettate. E, poi, a gennaio le strade si sono divise. Ho deciso di giocare di più perché sapevo che il Bari avrebbe fatto altri acquisti nel reparto avanzato. Le occasioni si sarebbero ridotte per me. Ora giocano con un 3-5-2 statico e per le mie caratteristiche avrei avuto difficoltà ad inserirmi. Longo preferisce due punte fisiche. All’inizio, mi sono trovato benissimo accanto a Sibilli. Posso giocare anche a due davanti, ma non posso fare il lavoro da prima punta. Se non avessero fatto altre scelte tattiche e di mercato, sarei rimasto. Adesso sono contento».

Sappiamo quanto lei ci tenesse a fare bene con la maglia della squadra della sua città. Purtroppo, non è andata come si aspettava. Il saluto al Bari, un sogno infranto?

«No, non parlerei di sogno infranto. Magari, in futuro, ci saranno altre chance per me».

Nel girone di andata col Bari, si sono presentati diversi momenti in cui sembrava potesse essere la volta buona. Invece, arrivava puntualmente la panchina. Pensa che avrebbe meritato più spazio?

«Si. Per il modo in cui ho giocato, sono entrato e fatto bene. Oltre che per la costanza nel livello dimostrato in allenamento».

Poi sono arrivati l’addio e i rimpianti.

«Non ho rimpianti. Spero sia solo un arrivederci».

Che finale di stagione potranno disputare i suoi ex compagni?

«Mi auguro che il Bari centri i playoff e se li giochi. Gli spareggi sono una lotteria imprevedibile. Il benessere fisico e mentale fa la differenza».

Come finirà Carrarese-Bari?

«Deve vincere la Carrarese. Il mio pensiero unico è questo. Ogni partita è fondamentale per la salvezza. Ci aspettano otto finali, in cui spero di segnare tre gol. Se succede contro il Bari non esulto. È impossibile. Il nostro gruppo è cambiato poco rispetto allo scorso anno. Nel mio ruolo ci sono anche Torregrossa, Finotto e Melegoni. C’è concorrenza, e questo fa solo bene».

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