Il caso

Bari, la lettera che chiude l'ispezione sul Comune: «Non c'è mafia ma relazioni ogni tre mesi alla Prefettura»

Massimiliano Scagliarini

Il decreto del ministro Piantedosi ha condiviso le conclusioni del prefetto Russo. In arrivo il "tutor" all'Amiu: colpa dell'assunzione del boss Diomede

BARI - Lunedì 10 il ministro Matteo Piantedosi ha trasmesso al prefetto Francesco Russo il decreto in cui, dimostrando di aver «condiviso» le conclusioni dell’ispezione disposta a marzo sugli uffici del Comune di Bari, ha disposto la conclusione del procedimento di accesso. E dunque, nella serata di martedì, la prefettura ha notificato ufficialmente al sindaco Vito Leccese gli esiti: dai sei mesi di approfondimenti sull’amministrazione e sulle società partecipate è emersa «l’insussistenza di collegamenti diretti e indiretti» con la criminalità organizzata che avrebbero potuto implicare lo scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose. Ma sono tuttavia emerse «situazioni anche ripetute di irregolarità» che imporranno, per i tempi a venire, controlli più stretti.

Le due pagine firmate da Russo contengono infatti i primi provvedimenti che la Prefettura ha ritenuto di assumere ai sensi dell’articolo 143 comma 5 del Testo unico sugli enti locali. È un elenco di sei punti sui quali l’ufficio territoriale di governo dovrà esercitare una «rigorosa azione di controllo», anche chiedendo al Comune di riferire al Comitato per l’ordine e la sicurezza e di rivedere i propri regolamenti così da introdurre un meccanismo che imponga ai dirigenti apicali di interfacciarsi in maniera più stretta con la Prefettura. E, soprattutto, di redigere «appositi report trimestrali» sull’andamento amministrativo: l’attenzione massima dovrà riguardare servizi pubblici, servizi sociali, turismo, commercio e tributi. Ma anche considerando che il Comune, in attesa del verdetto del Viminale, aveva già fatto i compiti a casa...

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