la sentenza

Bari, guerra per la droga a Japigia: assolto lo zio dell’ex «pentito»

isabella maselli

Il 59enne Francesco Milella, è l’unico dei presunti narcotrafficanti di Japigia ad aver scelto il rito ordinario

BARI - Il Tribunale di Bari ha assolto il 59enne Francesco Milella, zio dell’ex collaboratore di giustizia Domenico, dalle accuse di traffico di droga con aggravante mafiosa e spaccio. Francesco Milella, assistito dall’avvocato Piero Quaranta, è l’unico dei presunti narcotrafficanti di Japigia, componenti di quella che la Dda ha ribattezzato la «società della guerra» tra i clan Parisi e Palermiti, nata all’indomani della primavera di sangue del 2017, ad aver scelto il rito ordinario.

Per lui la Direzione Distrettuale Antimafia aveva chiesto la condanna a 11 anni e 5 mesi di reclusione. Al termine del dibattimento il Tribunale lo ha assolto dal traffico di droga mafioso “perché il fatto non costituisce reato” e dai singoli episodi di spaccio “perché il fatto non sussiste”.

Altri 49 imputati sono attualmente a processo con rito abbreviato e rischiano condanne tra i 20 e i 3 anni di reclusione. Secondo l’accusa i due clan, fino a quel momento «confederati», da allora in poi divennero un unico gruppo mafioso con tanto di soci, quote (600mila euro iniziale di capitale sociale), cassa comune, suddivisione di ruoli e compiti. Core business della società, promossa da Domenico Milella, ex braccio destro del boss Eugenio Palermiti e poi «pentito», era il traffico di droga.

La guerra da combattere era quella con l’ex sodale traditore Antonio Busco, cominciata a gennaio di quell’anno a colpi di agguati (tre omicidi in quattro mesi) proprio per la gestione delle piazze di spaccio.

Tra gli imputati ci sono il capo clan Eugenio Palermiti e il figlio Giovanni, Filippo Mineccia, Michele e Radames Parisi, rispettivamente cognato, fratello e nipote del capo clan Savinuccio (per tutti loro la Dda ha chiesto 20 anni di reclusione). L’inchiesta ha documentato la nuova modalità imprenditoriale di gestione del business degli stupefacenti, dalla guerra di mala della primavera 2017 fino al lockdown del 2020.

Una «guerra» che - hanno rivelato i pentiti e confermato le indagini - ha cambiato il volto del quartiere e anche le alleanze. Una guerra della quale, evidentemente, Francesco Milella non avrebbe fatto parte.

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