La sentenza
Mafia e droga al quartiere San Paolo: colpevoli nove Strisciuglio
La Dda ha ricostruito gli affari del clan dal 2015 al 2021 tra faide e spaccio
BARI - Nove condanne fino a 21 anni di reclusione e quattro assoluzioni al termine del processo di primo grado a carico di presunti affiliati al clan Strisciuglio, i pochi che non avevano scelto il rito abbreviato (conclusosi in appello nei mesi scorsi con 77 condanne).
Ieri Il Tribunale di Bari ha condannato nove imputati a pene comprese tra i 2 e i 21 anni di reclusione, per alcuni come pena complessiva con precedenti condanne. Tra gli imputati ci sono Livio Genchi, Gaetano Capodiferro, Natasha Lafirenze, Vito Raggi, Emanuele Rafaschieri e Giuseppe Ladisa, solo per citare quelli a cui i giudici hanno inflitto le pene più elevate: Genchi a 21 anni in continuazione; Capodiferro, Lafirenze e Raggi a 16 anni, Rafaschieri e Ladisa e 14 anni.
Il processo, ribattezzato dagli inquirenti «Vortice Maestrale» portò nell’aprile 2021 all’arresto di un centinaio di persone per i reati di associazione mafiosa, traffico e detenzione di droga e armi, estorsioni a commercianti, lesioni e una rissa nel carcere di Bari del 2016 che coinvolse 41 detenuti con lamette e taglierini, nella quale rimasero feriti alcuni agenti penitenziari.
Nel processo si sono costituti parti civili il Comune di Bari e l’associazione antimafia Libera.
L’indagine di polizia e carabinieri, coordinata dai pm della Dda Daniela Chimienti e Marco D’Agostino, ha ricostruito - anche grazie alle dichiarazioni di 21 pentiti - gerarchia e attività illecite del clan, dal 2015, per il controllo del territorio nei quartieri baresi Libertà, roccaforte storica del gruppo mafioso, San Paolo, San Pio-Enziteto, Santo Spirito e San Girolamo e nei comuni di Palo del Colle e Conversano. Gli investigatori hanno documentato riti di affiliazione, conflitti con altri gruppi criminali, pestaggi per punire sodali infedeli, cattivi pagatori o risolvere questioni sentimentali. Hanno ricostruito cinque anni di vita dell’organizzazione: dalle faide interne, alla sanguinosa conquista di nuovi quartieri, alla colonizzazione di alcuni comuni della provincia (Palo del Colle, Conversano e Rutigliano), all’arruolamento di nuove e giovanissime leve affascinate dal «brand della Luna».
In abbreviato i vertici del clan sono stati condannati a 20 anni di reclusione e per alcuni di loro - i boss Vito Valentino, Lorenzo Caldarola, Saverio Faccilongo – la pena è ormai irrevocabile.