Il caso

Nel processo-ter alla PopBari costituite 547 parti civili

Isabella Maselli

Bari, risparmiatori ed enti pubblici chiedono i danni agli Jacobini e ai dirigenti. L’accusa: erano falliti già nel 2018

BARI - Sono in 547, tra risparmiatori, azionisti dell’ex Banca Popolare di Bari (oggi Banca del Mezzogiorno), società, enti e associazioni, oltre al Comune di Bari, Bankitalia e lo stesso istituto di credito BdM, ad aver chiesto di costituirsi parti civili nel terzo procedimento penale che sta per cominciare sulla malagestione della banca barese nell’era Jacobini.

Ieri dinanzi al gup Giuseppe De Salvatore è proseguita l’udienza preliminare a carico di otto imputati (l’ex presidente Marco Jacobini e il figlio Gianluca, ex vice direttore generale, l’ex dg Vincenzo De Bustis Figarola, l’ex ad Giorgio Papa, l’ex presidente del collegio sindacale Roberto Pirola e gli ex dirigenti Elia Circelli, Gregorio Monachino e Nicola Loperfido). Secondo la Procura, gli ex amministratori e dirigenti della banca avrebbero manipolato il mercato, traendo in inganno i clienti vendendo azioni della banca ma nascondendo loro la reale situazione in cui versava: 715 milioni di euro di crediti marci. Le accuse, a vario titolo, sono di false comunicazioni sociali, ostacolo alla vigilanza, estorsione, maltrattamenti e lesioni all’ex dirigente Luca Sabetta (assunto come capo dei rischi e poi demansionato, anche lui nell’elenco delle parti civili) e aggiotaggio.

Su molte costituzioni di parte civile le difese hanno sollevato diverse eccezioni, chiedendone l’esclusione. Per esempio - hanno eccepito gli avvocati Roberto Eustachio Sisto, Giorgio Antoci, Giorgio Perroni e Guido Carlo Alleva, che assistono Marco e Gianluca Jacobini, o il professor Vito Mormando e l’avvocato Francesco Marzullo per De Bustis - alcuni azionisti a giugno 2020 hanno aderito al cosiddetto «accordo transattivo» proposto durante l’amministrazione straordinaria della BpB e che consentì loro di ottenere un indennizzo forfetario di 2,38 euro per ogni azione acquistata nel 2014/2015. Il giudice scioglierà la riserva sulle costituzioni all’udienza del 22 novembre.

Questo procedimento penale rappresenta l’inchiesta madre sulla Banca Popolare di Bari, il terzo sulla gestione Jacobini. Sulla base delle consulenze tecniche disposte dai pm, è emerso che a marzo 2020 nel bilancio PopBari c’erano perdite per 1,1 miliardi che avrebbero fatto venir meno la continuità aziendale già dal 2018. Nei conti ci sarebbero stati 61 clienti cui facevano capo crediti di «dubbio esito»: il gruppo Parnasi, le società dell’immobiliarista romano Valter Mainetti, il gruppo Nitti (fallito), la Kreare Impresa (fallita) dell’ex proprietario del Bari calcio Mino Giancaspro, la Edisud (ex editrice della «Gazzetta», fallita nel 2020), Telenorba e qualche altro noto esponente dell’imprenditoria e della politica barese: grandi clienti che avrebbero ottenuto affidamenti generosi a fronte dei quali (sempre secondo l’accusa) la banca già nel 2018 avrebbe dovuto apportare in bilancio rettifiche per 542 milioni di euro, ma si limitò a «correggere» poste attive per appena 244 milioni. In questo modo gli Jacobini avrebbero evitato che il patrimonio di vigilanza (la «riserva» che la banca deve sempre avere disponibile) scendesse sotto i limiti di legge, e soprattutto avrebbero evitato che i risparmiatori avessero percezione della reale situazione dei conti.

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