Il racconto
Donna bruciata e uccisa a Gravina, i 3 testimoni fermi a filmare l’omicidio: «Avevamo paura che l'assassino fosse armato»
I ragazzi sono passati in auto pochi istanti dopo l’incendio della 500: hanno assistito al tentativo di Lacarpia di soffocare la moglie Arcangela Turturo
GRAVINA IN PUGLIA - Urlavano di lasciarla stare, assistendo terrorizzati alla scena di un uomo che soffocava una donna mentre lei invocava aiuto. Pietrificati dalla paura, temendo che lui fosse armato, sono rimasti chiusi in macchina, ma hanno avuto la prontezza e la fermezza di filmare quasi ogni istante. Quindici secondi dell’omicidio di Arcangela Maria Turturo, all’1,45 della notte tra sabato e domenica, sono stati immortalati dal telefono cellulare di una ragazza. La giovane assieme al fidanzato e ad un amico sono stati i primi ad accorgersi dell’auto in fiamme e soprattutto della richiesta di aiuto della 60enne.
Quelle immagini e il racconto dei tre, testimoni oculari del delitto, sono ora tra le prove nelle mani degli inquirenti contro il marito della donna, il pregiudicato 65enne Giuseppe Lacarpia.
Il video «consegna un oggettivo ed indiscutibile elemento a carico dell’uomo nel cagionamento doloso della morte della moglie» si legge negli atti. Nei 15 secondi di fotogrammi si nota l’uomo a cavalcioni sulla donna stesa supina a centro strada e a circa 7 metri dall’auto completamente avvolta dalle fiamme. Lui tiene entrambe le mani premute sul petto della donna, che si dimena e batte ripetutamente un braccio sull’asfalto. L’inquadratura si sposta accidentalmente per un secondo e poi ritorna a registrare l’immagine sui due. Quindi si nota la donna che con un braccio sembra volersi difendere dal marito, che tenta di bloccarle l’arto con la mano. Durante il video si sentono distintamente le urla della ragazza che sta riprendendo indirizzate all’uomo e frasi come «lasciala, ma che cazzo stai facendo» (in dialetto).
Il racconto delle immagini, già di per sé esplicito, viene confermato e arricchito dalle parole della autrice del video e dei due ragazzi che erano lì. «Prima di prendere l’uscita - ha detto ai poliziotti la giovane - abbiamo visto delle fiamme molto alte e inizialmente abbiamo pensato che fosse un incendio causato da foglie, quelli che capitano normalmente». Quando si sono avvicinati, però, hanno capito che al centro delle fiamme c’era un’auto. «Abbiamo rallentato, avevamo la musica alta, abbiamo diminuito il volume e abbiamo abbassato i finestrini - continua il racconto - sentendo delle urla di una donna che gridava aiuto. La macchina si trovava sotto la strada e da dove eravamo non riuscivamo a vedere la posizione della signora, ma solo la macchina incendiata. Non so dire se la donna era all’interno della macchina ma sentivamo “aiuto, aiuto”. Quando siamo arrivati non c’era nessuno, c’era solo la donna a terra sdraiata ed un uomo in ginocchio di lato a lei che aveva le mani su di lei, sembrava sul petto. La donna muoveva le mani e le braccia come a volerlo spostare e gridava». Sul viso del 65enne infatti c’erano evidenti graffi sui viso, segni sintomatici di un tentativo di difesa della vittima. «A quel punto i ragazzi - prosegue la giovane - volevano uscire dalla macchina per aiutare la signora, ma sinceramente avevo paura che l’uomo avesse una arma. Loro erano veramente vicini all’auto in fiamme e l’uomo quando ci ha visto si è alzato ed è rimasto qualche secondo in piedi, ci ha guardato, noi gli abbiamo gridato: “ma che stai facendo?” e lui non rispondeva. Poi, si è rimesso sopra di lei, non so dire se fosse a cavalcioni o di lato, ma ha ripreso a spingere con le mani sul petto della donna. Nel frattempo, nel punto dove eravamo prima di scendere vicino il veicolo, è arrivata una altra macchina con due ragazzi che ci dicevano di allontanarci».
È allora che la ragazza ha deciso «di fare un video, perché - ha spiegato - il signore sopra la donna non si allontanava e allora ho detto “basta, adesso faccio il video!”, e così ho iniziato a riprendere».
I due ragazzi arrivati poco dopo hanno poi «aiutato la donna, allontanandola dall’auto in fiamme, mentre l’uomo si avvicina alla macchina ancora in fiamme e prende la borsetta della donna che era fuori dall’abitacolo e la tiene lui in mano e si mette sul ciglio della strada e non dice niente. Quando mi sono avvicinata alla signora per vedere come stesse, perché lei era lucida e parlava, mi ha detto frasi che non mi riesco a dimenticare: “Mi voleva togliere davanti!”. Inoltre, rispondendo al ragazzo che le sentiva il polso e le chiedeva come ti chiami, diceva di chiamarsi Maria e che aveva dolori al petto».
Ai poliziotti il marito ha detto di aver perso il controllo dell’auto schiantandosi sul muro e che dopo l’urto la macchina aveva preso fuoco, aggiungendo di aver estratto la moglie rimasta nell’abitacolo del veicolo. Avrebbe cioè tentato, inutilmente, di inscenare un incidente stradale spiegando addirittura di aver cercato di salvare la donna, per allontanare i sospetti da sé. Una versione che, se vorrà, potrà raccontare domani 9 ottobre, alla gip Isabella Valeria Valenzi, nell'udienza di convalida del fermo: sarà assistito da un nuovo legale vista la rinuncia dell'avvocato da lui nominato, Gioacchino Carone, che assisterà invece i figli della coppia, che sono parti offese del reato. Fino ad allora Lacarpia resterà in cella, con la terribile accusa di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dal rapporto di parentela, per aver brutalmente ammazzato la moglie. Prevista per oggi invece l'autopsia sul corpo della donna: a eseguirla Antonio De Donno dell'istituto di medicina legale del Policlinico di Bari.