Il caso

Ferrovie del Sud-Est al bivio dei soldi con il rischio fallimento

massimiliano scagliarini

Giovedì il Cda cancella i 70 milioni bloccati dalla Ue: parola al ministero

BARI - Il caso Ferrovie Sud-Est arriva al punto nodale e rischia di aprire una nuova emergenza, con effetti potenzialmente imprevedibili. Dopo la sentenza con cui il Consiglio di Stato ha dichiarato illegittimo il trasferimento al gruppo Fs e il contributo da 70 milioni previsto dalla Finanziaria del 2015, giovedì il consiglio di amministrazione dell’azienda è chiamato a prendere atto della decisione per la parte in cui la riguarda: deve cancellare la posta corrispondente alla cifra dichiarata aiuto di Stato. La conseguenza è che il capitale sociale diventerà negativo.

In questi casi le conseguenze sono chiare. Quando il capitale scende al di sotto del minimo di legge, si ricapitalizza oppure si liquida. Fse dovrà quindi chiamare in assemblea l’azionista unico, ovvero il gruppo Fs, che a sua volta si rivolgerà al ministero delle Infrastrutture con la ferale domanda: di chi è Ferrovie Sud-Est? Un quesito cui il ministero momento non sa ancora come rispondere: tramite l’avvocatura dello Stato ha infatti avanzato un quesito a Palazzo Spada per chiedere l’interpretazione autentica della sentenza. Vuole sapere se l’annullamento del decreto di trasferimento 2016 comporti necessariamente la retrocessione di Fse in capo al ministero, oppure se questa conseguenza è solo «eventuale» come sembra suggerire un passaggio della sentenza di agosto.

È difficile dire quale sia la prospettiva migliore. Se Fse tornasse pubblica il ministero potrebbe rimettere i 70 milioni senza incappare nuovamente nella disciplina europea sugli aiuti di Stato?

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