Il processo

Bari, un anno con pena sospesa per false comunicazioni sociali: condannato Alceste «Gianky» Cavallari

Isabella maselli

Con rito abbreviato, la condanna per il figlio dell’ex «Re Mida» delle Case di cura riunite (Crc), Francesco, morto a Santo Domingo nel 2021

BARI - Un anno di reclusione con pena sospesa. È la condanna inflitta dal Tribunale di Bari ad Alceste Cavallari, figlio del defunto «ex re» delle cliniche private pugliesi Francesco «Cicci» Cavallari, coinvolto in una storia di presunti raggiri societari e passaggi di quote con firme apocrife con il fratello Marco e il commercialista Paolo Pate (entrambi a processo con rito ordinario per questa vicenda e Pate dimessosi da presidente Amiu proprio a seguito del rinvio a giudizio).

L’accusa per Alceste Cavallari, processato con rito abbreviato, è di false comunicazioni sociali. I fatti risalgono al periodo compreso tra febbraio e aprile 2018.

Secondo l’accusa, rappresentata dal pm Marcello Quercia, Marco Cavallari, amministratore unico della Cafin srl, e il fratello Alceste, amministratore della Simafin srl, avrebbero estromesso la socia Simona Zizzo Di Paolo, ex moglie di Alceste, con due false «scritture private di compravendita tra le parti di quota di srl». Con la prima avrebbero fatto «risultare fittiziamente» che Zizzo «cedeva a titolo oneroso il 50% delle proprie quote della Cafin a Marco Cavallari (pari a 40mila euro), ad insaputa e con la firma apocrifa della stessa»; con la seconda che Marco cedeva al fratello Alceste la propria quota del 50% della Simafin, anche in questo caso ad insaputa della consocia e «attestando falsamente la rinuncia della stessa alla prelazione prevista per legge». Il tutto, ritiene l’accusa, «grazie alla consulenza tecnico-professionale» di Pate, all’epoca commercialista Simafin e consulente Cafin. Il ruolo di Pate, assistito dall’avvocato Sabrina Susinno, nel presunto raggiro sarebbe stato appunto quello di aver redatto le comunicazioni all’Agenzia delle Entrate e al Registro delle Imprese, esponendo - su delega dei due imprenditori - «fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero sulla composizione societaria idonei ad indurre in errore gli enti pubblici». La presunta vittima del raggiro, Zizzo Di Paolo, assistita dall’avvocato Attilio Triggiani, si è costituita parte civile.

Alceste Giancarlo Cavallari (detto Gianky), difeso dall’avvocato Valeria Volpicella, si è intestato la paternità delle firme false, come confermato anche dalla perizia calligrafica disposta dal Tribunale durante l’udienza preliminare, ma su questo nei suoi confronti non è stato ad oggi formalizzata alcuna contestazione, mentre il fratello Marco, difeso dall’avvocato Gaetano Sassanelli, è stato scagionato dall’accusa di sostituzione di persona con riferimento alla presunta firma falsa proprio a seguito delle dichiarazioni autoaccusatorie di Alceste.

Su quest’ultimo pende anche un altro procedimento penale per narcotraffico internazionale, per il quale è detenuto in carcere dal 28 giugno 2023. L’accusa per lui è di aver fatto parte di una associazione per delinquere, capeggiata dal boss di Noicattaro Giuseppe Annoscia, l’ex sanguinario di Poggiallegro, affiliato al clan Parisi di Japigia, e dal pregiudicato di Altamura Vito Facendola, ritenuta la cellula operativa dell’importazione di decine di chili di droga dall’estero. E in Spagna, in particolare in Andalusia, a tenere i rapporto con i narcos sarebbe stato proprio Cavallari. Questa vicenda approderà in aula il 12 luglio.

Quando i carabinieri un anno fa andarono a notificargli l’ordinanza di arresto, gli trovarono in casa quasi tre chili di droga , per la cui detenzione ha già patteggiato nei mesi scorsi una pena a 4 anni di reclusione.

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