Il caso

«I Pisicchio legati a doppio filo per sfruttare relazioni e politica»

Massimiliano Scagliarini

Le motivazioni del Riesame per il «no» alla revoca dei domiciliari: «Enzo faccendiere tra imprenditori e pubblica amministrazione»

BARI - Nemmeno per Enzo Pisicchio, così come per il fratello Alfonsino, le intervenute dimissioni da legale rappresentante dei movimenti politici «Iniziativa Democratica» e «Bari al Centro» è sufficiente a far venire meno il rischio di reiterazione delle condotte che il 10 aprile hanno portato entrambi agli arresti domiciliari con le accuse di concorso in corruzione e turbativa d’asta. Lo scrive il Riesame, nelle motivazioni del rigetto del ricorso presentato dal minore dei Pisicchio. Motivazioni peraltro molto simili a quelle relative all’ex assessore regionale, sia da parte del Tribunale della Libertà che - la scorsa settimana - anche nel rigetto da parte del gip Ilaria Casu.

I Pisicchio sono coinvolti nell’inchiesta, ormai chiusa, relativa al presunto scambio di favori con l’imprenditore Giovanni Riefoli: in cambio dell’aiuto nell’aggiudicazione di un appalto da 5 milioni per la gestione dei tributi del Comune di Bari, avrebbero ottenuto (ciascuno secondo le rispettive responsabilità) denaro, regali e assunzioni di persone a loro vicine. In questo senso, nota il Riesame, Enzo Pisicchio era «intermediario e faccendiere nei rapporti, a vari livelli, tra funzionari della pubblica amministrazione - comunale e regionale - e imprenditori non solo a livello locale ma anche nazionale», attraverso un «modus operandi» che costituisce «terreno fertile per lo sviluppo di condotte illecite». Tra le quali appunto lo scambio con l’assunzione di «persone indicate da lui e dal fratello Alfonsino Pisicchio, favorendo in tal modo l’appeal elettorale di quest’ultimo»...

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