La decisione
Minacce alla giudice barese: condannato il «poeta anarchico»
Per il Tribunale di Lecce le frasi sui social avevano «oggettiva natura intimidatoria»
BARI - «Le frasi e l’intero contesto in cui queste sono state pronunciate o scritte, rappresentano delle chiare minacce». Ne è convinto il Tribunale di Lecce che ha condannato alla pena di 2 anni e 3 mesi di reclusione il 45enne barese Giuseppe Marzulli, imputato per minacce alle giudice Angelica Passarella. La sentenza risale a qualche settimana e fa nei giorni scorsi sono state depositate le motivazioni.
La vicenda, per la quale la giudice è finita anche sotto scorta e il 45enne sottoposto al divieto di avvicinamento, è iniziata a Bari a settembre 2022, in occasione del processo a carico della mamma di Marzulli, la 76enne Angela Pinto, che era stata arrestata per stalking condominiale (poi condannata a 3 anni di reclusione in primo grado, ridotta a 2 anni in appello). Dopo l’arresto della mamma e in occasione delle udienze del processo che si celebrava proprio dinanzi alla giudice Passarella, Marzulli avrebbe iniziato a manifestare il suo disappunto, dalla organizzazione di sit-in di protesta davanti al Tribunale di via Dioguardi alla pubblicazione di messaggi ritenuti minacciosi sui social.
Comportamenti che, secondo i giudici salentini, «assumono oggettiva natura intimidatoria concretizzandosi in esplicite minacce di morte nei confronti del giudice e degli altri autori dell’arresto illegale». La stessa giudice, sentita durante il processo, ha raccontato che dopo aver deciso di aggravare la misura cautelare nei confronti della mamma dell’imputato sarebbero «iniziate tutta una serie di condotte intimidatorie nei suoi confronti». In particolare, il 4 dicembre 2022 compariva sul profilo Facebook di Marzulli un poesia con frasi come «madre ferita sarai vendicata, di questo Stato faremo una pira. Col fuoco la miccia e se occorre il tritolo e quegli sbirri che ti hanno rapito sapranno per certo cosa è la paura. Stato infame. Stato assassino». Dopo qualche tempo compariva anche un link che rimandava ad un video, dove si vedeva Marzulli con un manichino in divisa a testa in giù, che canta insieme a un altro soggetto non identificato che suona, recitando la stessa poesia. Ancora, il 13 gennaio 2023 veniva pubblicato sul profilo Facebook dell’imputato un post che invocava una mobilitazione per la libertà di Lina Pinto, «con espliciti accostamenti di questa vicenda - si legge nella sentenza - a quella di Alfredo Cospito» e «pertanto venivano invitati gli aderenti alle associazioni di matrice anarchica a manifestare davanti al Tribunale di Bari» il successivo 16 gennaio, in occasione dell’udienza. In effetti quel giorno veniva organizzata una manifestazione di solidarietà alla quale parteciparono insieme a Marzulli alcuni attivisti che con bandiere con lo stemma anarchico inneggiavano a «Lina Libera» e «Cospito Libero». «Fu allora - ricostruiscono i giudici salentini - che il magistrato si rese conto che era in corso una mobilitazione anche a livello nazionale, con slogan condivisi su siti anarchici e anche su emittenti di riferimento». La notte successiva su alcuni muri della città comparvero scritte: «Giudice Passarela assassina. Il giudice Passarella sia ammazzando una donna di 76 anni. Passarella boia», «frutto - secondo l’accusa - della campagna minatoria» di Marzulli nei confronti della giudice. «È evidente infatti che Marzulli al fine di influire sulle decisioni del magistrato sia nella fase cautelare che in quella di merito e di indurla a compiere un atto contrario ai propri doveri, quale la scarcerazione o la assoluzione della Pinto - scrive il Tribunale di Lecce - abbia fatto ricorso a diverse forme di pressione sia diretta che indiretta, anche attraverso la mobilitazione di personaggi orbitanti nell’ambiente degli anarchici, che venivano convocati in Tribunale per manifestazioni apparentemente pacifiche, con accostamento di tale vicenda a quella di Alfredo Cospito, proprio al fine di suscitare pubblica indignazione in quegli ambienti notoriamente attivi, sì ad creare un clima di tensione intorno al magistrato».