Accadde nel BArese
Capurso, due arresti per l'omicidio di Vito Caputo. Venerdì l'interrogatorio
Si tratta di due dei quattro coinvolti nell’inseguimento di auto iniziato a Cellammare e sfociato nella rissa con accoltellamento mortale a Capurso lo scorso 16 marzo
BARI - I carabinieri di Triggiano hanno arrestato la notte scorsa Piero Canonico (in carcere) e Fabio Domenico Chiarelli (ai domiciliari), due delle quattro persone coinvolte nell’inseguimento automobilistico iniziato nella città di Cellammare e sfociato nella rissa con accoltellamento mortale avvenuto a Capurso lo scorso 16 marzo quando morì il 29enne Vito Caputo.
Le indagini condotte dai carabinieri accertarono che l'omicidio era maturato in un contesto di violenza, gelosia e vendette in cui erano coinvolti da una parte il 26enne Chiarelli, di Mola di Bari, e dall’altra Piero Canonico, coetaneo di Capurso. Il pomeriggio del 16 marzo Chiarelli, accompagnato da Caputo, aveva deciso di raggiungere nel comune di Cellamare Canonico «per un chiarimento». Al termine di un primo confronto i due hanno dato vita a un inseguimento automobilistico (a bordo di una macchina Chiarelli e Caputo, a bordo dell’altra Canonico e suo padre) conclusosi, secondo le indagini, dopo svariate manovre pericolose e speronamenti in un parcheggio di via Casamassima a Capurso. A quel punto, al culmine della rissa scatenatasi, Canonico avrebbe accoltellato Caputo con dodici fendenti, uccidendolo, e avrebbe ferito gravemente Chiarelli con nove coltellate.
Canonico è ora in carcere a Bari con l’accusa di omicidio volontario e tentato omicidio. Il gip Nicola Bonante, che ha accolto la richiesta di custodia cautelare avanzata dalla Procura, ne ha rilevato «l'indole aggressiva e violenta» e l'incapacità di «contenere il proprio impulso a delinquere». Chiarelli, che ha partecipato all’inseguimento e alla successiva rissa aggravata, è ai domiciliari.
Si svolgerà venerdì, davanti al gip di Bari Nicola Bonante, l’interrogatorio di garanzia di Piero Canonico, il 26enne arrestato con l’accusa dell’omicidio di Vito Caputo, avvenuto a Capurso (Bari) la sera del 16 marzo scorso al culmine di una rissa che è scaturita al termine di un inseguimento automobilistico iniziato nel vicino comune di Cellammare. Insieme a Canonico ieri sera è stato arrestato (ai domiciliari) anche Fabio Domenico Chiarelli, amico di Caputo e con lui nell’auto che ha inseguito quella in cui c'erano Canonico e suo padre (anch’egli indagato per rissa ma non sottoposto a misura cautelare). Anche l’interrogatorio di Chiarelli si terrà venerdì.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Caputo sarebbe stato ucciso da Canonico con dodici coltellate; mentre Chiarelli, che avrebbe dato il via all’inseguimento e alla rissa successiva, sarebbe stato ferito gravemente - sempre da Canonico - con nove fendenti. Canonico è accusato anche di tentato omicidio, Chiarelli di rissa aggravata e violenza privata.
L’inseguimento, la morte di Caputo e il ferimento di Chiarelli «costituiscono l’amaro epilogo di una situazione conflittuale tesa e mal gestita» da parte di Canonico e Chiarelli - scrive il gip nell’ordinanza - «nella quale si sono trovati coinvolti il padre di Piero, Renato», e Caputo "malauguratamente deceduto pur non essendo in prima persona interessato alla balorda querelle tra i due 'rivali in amorè». Chiarelli, infatti, è il nuovo compagno della ex moglie di Canonico.
«Seppur formalmente incensurato», scrive il gip parlando di Canonico, il 26enne «ha dimostrato una preoccupante inclinazione alla violenza» e «noncuranza nel porre in essere condotte socialmente disdicevoli». Il gip ne ha giustificato la misura cautelare con il pericolo di reiterazione del reato. Argomentazioni analoghe valgono anche per Chiarelli, «desumibili dalla reiterazione delle condotte provocatorie» attuate nei confronti di Canonico, nonché «della sua pericolosità sociale" che si evince tanto dai precedenti penali a suo carico per delitti simili quanto «dalla spregiudicatezza e dall’indifferenza delle comuni regole di convivenza civile». Per entrambi il rischio di reiterazione del reato è «insito nel vicendevole rancore nutrito e negli attriti che connotano il loro rapporto».