Solidarietà

Ida, «angelo dell’alzheimer» premiata a Bari come «Testimone del volontariato»

Rita Schena

Il riconoscimento per il suo impegno nell'associazione. Katia Pinto: «Le famiglie vengono lasciate sole, ti trovi il vuoto attorno»

BARI - La più giovane iscritta ha 39 anni. È una mamma con un bimbo di sei anni affetta da alzheimer. «Un dolore immenso. Una famiglia che non ha nella mamma uno dei suoi perni, ma che deve sostenere questa donna aggredita da una malattia che la vedrà spegnersi piano piano. Che già oggi dimentica di andare a prendere il figlio da scuola. Questo è l'alzheimer una degenerazione che svuota le persone». Katia Pinto è ai vertici nazionali della Federazione Alzheimer Italia, dopo essere stata per lungo tempo presidente dell'associazione barese, ora retta dal marito Pietro Schino. E' una psicologa e psicoterapeuta che tocca ogni giorno con mano cosa sia la demenza e quale bomba esploda nelle famiglie quando per un componente viene fatta una diagnosi del genere.

«Le famiglie vengono lasciate sole. I medici formulano la diagnosi e poi c'è una sorta di pacca sulla spalla. Ti trovi il vuoto attorno. Io lo so. Vent'anni fa abbiamo accudito mio suocero, Ignazio Schino, giornalista, uomo attivissimo finché la malattia non l'ha vinto e l'abbiamo assistito in un sistema dove non c'era nulla. Nessun supporto. Anche per questo ho dato vita all'associazione».

IL RICONOSCIMENTO - E all'interno di questa realtà da vent'anni si muovono pazienti, familiari, volontari, personale specializzato. Un piccolo esercito che cerca di fare la differenza per persone che pian piano perdono se stesse, i loro ricordi. Un lavoro silenzioso fatto di impegno quotidiano per garantire ai malati la loro dignità, che quella fiammella lontana resti accesa più a lungo possibile.

«E' con grande orgoglio che la prossima settimana il 24 agosto sarà premiata una nostra volontaria, Ida Paldera, alla quale verrà riconosciuto il titolo di Testimone del Volontariato. È la prima volta per la nostra associazione e la prima volta di una volontaria pugliese».

L'appuntamento è per giovedì prossimo alle 11.30 all'ex palazzo della Provincia.

«Ida ha accudito il marito malato di alzheimer e anche dopo la sua morte è rimasta nell'associazione ad aiutare. Una donna che lavora in silenzio ma che fa la differenza. Una persona che non si tira mai indietro quando qualcuno chiede aiuto. Una volta mi disse: “Io so cosa significa. Mi sarebbe piaciuto che quando accudivo mio marito qualcuno mi avesse detto, vai resto io, prenditi un'ora per te”. Nessuno merita questo riconoscimento più di lei. E sarà un riconoscimento che le verrà tributato anche ai più alti gradi dello Stato».

NUMERI IN CRESCITA - L'alzheimer, la demenza, le tante malattie degenerative sono tragicamente in crescita, mentre non altrettanto sono i servizi di sostegno, la rete di accudimento. «Vent'anni fa era il deserto - conferma la Pinto -. Ora a Bari si contano 5 centri diurni, ci sono Rsa strutturate per l'accoglienza di questi malati. Quello che manca è una rete più forte per l'accompagnamento di un paziente che può vivere questa patologia per 10, 15 anni ed oltre. Mancano i così detti Cdcd, i Centri per disturbi cognitivi e demenze e poi a cascata tutti i servizi necessari alle famiglie, per non precipitare nel baratro della solitudine. I numeri dei malati aumentano e soprattutto si abbassa l'età di avvio e le istituzioni che fanno? Sembrano quasi spaventati da questa situazione e di conseguenza non fanno nulla».

BARI CITTÀ AMICA DELLA DEMENZA - «Le demenze sono di tanti tipi, si va dall'afasia recentemente salita agli onori delle cronache perché l'attore Bruce Willis ha confessato di soffrirne, all'alzheimer. L'importante è che un malato non venga lasciato solo e che chi lo circonda sappia gestirlo in casa e fuori. Anche per questo con il Comune di Bari già dal 2019 abbiamo avviato tutta una serie di progetti come “i negozi gentili”, formando dalla Polizia locale ai commessi dei punti vendita per la corretta gestione di queste persone e i loro caregiver. Alla fine basta poco se si vuole. E ora stiamo lavorando per affiggere cartelloni negli autobus».

Non si guarisce dall'alzheimer, non si torna indietro con una diagnosi di demenza. I farmaci possono rallentare il decorso, ma non esiste cura. E intanto i numeri delle malattie neurodegenerative si moltiplicano senza che neanche le cause scatenanti siano ben chiare: si ipotizza l'eccesso di stress, una alimentazione sbagliata, l'uso e il consumo intensivo di metalli.

«E poi ci sono i volontari come la nostra Ida – conclude la Pinto – e tutti quelli che ci aiutano concretamente per riuscire a gestire persone che vedi diventare sempre più fragili, senza che tu figlio, sorella, coniuge o vicino di casa possa fare niente».

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