La storia

«Chiedo giustizia per la mia Luigia»: il marito della vittima dell'incidente di Torre a Mare racconta le emozioni su tela

Isabella Maselli

Parla il marito della 64enne travolta e uccisa sulle strisce pedonali

TORRE A MARE - Due alberi uniti da un ponte di foglie e fiori a forma di cuore. Sono le raffigurazioni in immagini di Luigia Bratta e Vito Ferrara, lei l’albero in fiore, lui la forte quercia. A dipingere la tela è stato il signor Vito, 75 anni di Cellamare, dopo che la sua Luigia è morta travolta da una moto, nel giugno 2020, mentre attraversava la strada sulle strisce pedonali, durante una sera di inizio estate a Torre a Mare.

«Ho fatto il muratore per tutta la vita - racconta Vito - ho preso in mano pennelli solo per pittare muri, ma dopo la morte di mia moglie mi è venuto naturale esprimersi così, su una tela». E ha raffigurato proprio la sera dell’incidente. «Da quella sera le foglie di quei due alberi, io e la mia Luigia, hanno iniziato a cadere» spiega commosso.

Sull’incidente è in corso il processo di primo grado con rito abbreviato nei confronti del motociclista, all’epoca 19enne, che investì la donna causandone la morte dopo due giorni di agonia (l’incidente risale al 19 giugno, la 64enne è morta il 21). Sono trascorsi poco più di tre anni ma per il signor Vito il ricordo e le emozioni sono quelle del primo giorno. «Come ogni sera avevamo deciso di fare una passeggiata vicino al mare. A lei piaceva mettere i piedi nell’acqua, raccogliere conchiglie e cocci colorati. Ci fermammo in spiaggia, in una delle conche sabbiose sul litorale sud di Torre a Mare, a mangiare i panini che mia moglie aveva preparato a casa prima di uscire, e poi ci raggiunse una coppia di amici. Faceva un po’ fresco - ricorda il signor Vito - e decidemmo di spostarci dalla panchina sul lungomare in un posto più riparato».

Attraversando sulle strisce, in piazza Mar del Plata, le due donne davanti e gli uomini un paio di metri dietro di loro, il tragico schianto. «Vedemmo arrivare questa moto con due ragazzi a bordo - racconta il 75enne - chi guidava aveva la testa girata, forse distratto perché parlava con l’amico alle sue spalle. Sfiorò la nostra amica facendola cadere, prese in pieno mia moglie e cadde anche lui. Capimmo subito che era grave. Non posso dimenticare chi in quegli istanti si avvicinò per prestare soccorso a mia moglie, due medici che erano lì per caso credo, e un ragazzo, giovanissimo, che mi abbracciò per tranquillizzarmi. Vorrei ringraziarlo ma non so chi sia».

Vito Ferrara non si rassegna e lancia un appello alle istituzioni: «Ogni giorno sentiamo notizie di incidenti terribili. Non si può continuare così. Nei Tribunali si sente parlare solo di soldi, di risarcimenti, di condanne ridicole. Nessuno racconta quello che resta nelle famiglie colpite da queste tragedie. A noi non interessano i soldi. Vogliamo giustizia. Non si può guidare con leggerezza, ammazzare la gente e non pagarne le conseguenze. Servirebbero pese esemplari e immediate, come monito. E poi - insiste il 75enne - servirebbero attività forti, più incisive, di educazione stradale».

A casa del signor Vito, a Cellamare, tutto è rimasto come quel giorno (l’indomani si sarebbe sposata la loro figlia più piccola ma quella festa di nozze non c’è mai più stata). Nella credenza della cucina c’è ancora il salvadanaio in latta, con qualche spicciolo all’interno, dove la moglie Luigia raccoglieva i risparmi per le vacanze. In un altro mobile ci sono i salvadanai per i regali ai nipoti. E tutta la casa è tappezzata di foto e quadri dedicati alla moglie. «Era un vulcano, era favolosa» racconta con la voce rotta dal pianto e gli occhi lucidi, innamorato come quel giorno di 47 anni fa, quando si sposarono. «Fu un colpo di fulmine, ci eravamo conosciuto durante una festa da ballo in casa, come si usava fare a quei tempi» ricorda. Sul frigorifero è appesa la tela che lui stesso ha dipinto dopo l’incidente e che raffigura quella tragica sera. I due alberi con le foglie che cadono. Sulla parete del salotto un dipinto, fatto realizzare da un artista locale, con l’immagine della moglie di spalle che cammina scalza sul bagnasciuga e va verso la luce. Sul retro un vortice, «come quello di gioia che creava lei ovunque passava» dice il marito, e le dediche di amici e nipoti.

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