Sanità
Cercansi medici di base: a Bari 15mila persone senza medico di medicina generale
Nel corso di quest’anno andranno in pensione altri 50 convenzionati e questo porterà a una seria carenza di organico: le conseguenze nel capoluogo già si vedono
BARI - La sfida è completare le procedure per la realizzazione delle Case di comunità (e dell’ospedale nell’ex mercato di via Carrante) secondo le scadenze previste dal Pnrr. Nel frattempo, sarà necessario in poco più di due anni e mezzo, programmare il fabbisogno del personale necessario affinché i nuovi presidi siano effettivamente funzionanti ed efficienti. La riconversione degli immobili e la dotazione tecnologica non sarà però sufficiente senza il lavoro di chi i servizi previsti dovrà garantirli, a cominciare dai medici. Perché sarà pur vero, come dice Antonio Sanguedolce, direttore generale dell’Asl di Bari, che le strutture avranno prevalenza di professionisti di natura infermieristica, ma è altrettanto vero che i dottori di famiglia dovranno avere necessariamente un ruolo che lo stesso dg definisce fondamentale (senza però che per gli uni, per gli altri e per i restanti operatori siano previsti ulteriori finanziamenti dal piano di ripresa e resilienza).
MARASMA - Nel marasma generale della sanità, i cui decisori negli anni, anziché programmare, hanno depauperato il sistema a colpi di tagli lineari e omesso di programmare l’avvicendamento che si sapeva sarebbe stato inevitabile in questi anni di continue quiescenze, ci si ritrova, rimanendo al caso specifico, con una penuria di medici di medicina generale da far paura, senza che si riesca, per mancanza di lungimiranza, a pareggiare i conti con le borse di specializzazione, peraltro non più così ambite come nel passato. La conseguenza clamorosa è che soltanto nella città di Bari ci sono 15mila cittadini alla ricerca di un medico di base, lasciati senza assistenza da chi è andato meritatamente in pensione dopo aver trascorso gli ultimi anni ad affrontare le ripercussioni (anche, se non soprattutto, burocratiche) determinate dalla pandemia. E non è finita: come sottolineato qualche tempo fa dalla Fimmg (la Federazione dei medici di medicina generale) solo nella Asl di Bari risultano ancora scoperti i 19 posti di assistenza primaria del 2022, cui se ne aggiungeranno altri 50 nel corso di quest’anno. Cosicché ci sono famiglie che per farmaci, visite ed esami non hanno altra alternativa che pagare. Chi non se lo può permettere, a meno di rinunciare alle cure, ha sempre l’ultima inevitabile spiaggia: andare in ospedale (leggi pronto soccorso), alla faccia della riduzione dei codici bianchi.
STANDARD- In questo scenario, la presentazione in pompa magna del meritorio protocollo d’intesa fra la Asl Bari e il Comune (60 milioni di euro per ospedale e case di comunità più una serie di altri ammodernamenti) stride con l’attuale realtà e si scontra con le prospettive. Ha ragione chi fa comprendere che non è pensabile, a fronte di nuovi servizi, mantenere gli attuali standard di personale. Ci vogliono ulteriori finanziamenti in un Paese che non solo destina alla sanità risorse inferiori rispetto ad altri in Europa, ma che ha addirittura ridotto la percentuale prevista rispetto al prodotto interno lordo prevedendo di ridurla ulteriormente nei prossimi anni (sarà il 6% circa). Pare dunque improbabile l’idea, che pure è stata ventilata, di far rientrare i medici di medicina generale nell’alveo dei subordinati delle Asl (visto che costerebbe circa 6 miliardi contro 1,5 attuali). Quindi c’è solo una soluzione: un nuovo accordo per mantenere la coperta corta, sperando di renderla più avvolgente.
PROSPETTIVA - La prospettiva è, in definitiva, rimodulare l’accordo di convenzione con i sindacati dei medici per applicare quanto previsto dal DM 77 (il nuovo regolamento sugli standard dell’assistenza territoriale) che prevede, tra l’altro, una presenza medica distribuita fra studio, case di comunità e ospedali di comunità «La previsione - afferma Giovanni Sportelli, presidente regionale dello Snami (Sindacato nazionale autonomo medici italiani) - è garantire in convenzione 20 ore in studio, 12 ore nelle case di comunità e 6 ore negli ospedali di comunità.
Per il momento però il nuovo contratto non c’è, anche se non faccio fatica a pensare che, almeno da parte di qualcuno, ci sia già la volontà di rimettersi alle decisioni della politica. Se così fosse, è bene che i pazienti sappiano che l’offerta non sarà più capillare e ci si dovrà rivolgere, a Bari, nei cinque presidi individuati. In quanto a noi, ormai i medici non entrano più nell’organizzazione del lavoro, c’è la volontà di ridurci a meri esecutori di ordini. Per dirne una: una volta si discuteva di obiettivi di salute. Abbiamo portato il compenso glicometabolico dei pazienti diabetici sotto il 50%. Senza ausilio degli specialisti abbiamo ottenuto un grosso risultato. Speriamo che in futuro non ci giudichino in base al numero di prestazioni da fare o, ancora peggio, non pensino di istituire una farmacopea di Stato con cui disporre addirittura quale farmaco prescrivere».