La storia

Baritech, il dramma di un operaio: «Non posso più curare mio figlio disabile»

Rita Schena

«Hanno sospeso i pagamenti anche a me che ero in congedo straordinario e non mi è più possibile pagare le terapiste private»

BARI - «Da un mese ormai non posso più garantire a mio figlio le terapie Aba indispensabili per tenerlo in contatto con noi. La Baritech ha sospeso i pagamenti anche a me che ero in congedo straordinario e non mi è più possibile pagare le terapiste private. Mio figlio ha 8 anni, è autistico grave, non parla, dopo anni eravamo riusciti a stabilire dei codici per riuscire a capire alcune delle sue necessità. Faceva dei segni specifici, se doveva bere o ha bisogno di mangiare, ora sta regredendo a vista d'occhio. Fa gesti confusi, mescola i segnali».

Leonardo è un papà disperato. Il licenziamento che lo vede coinvolto con gli altri 112 dipendenti ex Baritech per lui e la sua famiglia è un dramma nel dramma. Ha un bambino con una grave disabilità al quale senza risorse non può garantire le terapie di accompagnamento essenziali.

«Ho chiesto ed ottenuto l'anno scorso dall'Inps la possibilità di usufruire per due anni di congedo straordinario, per poter accudire mio figlio – racconta con la voce quasi sfinita -. Quindi l'azienda mi pagava gli stipendi regolarmente perché avevo una piena copertura Inps. Per un anno è andato tutto bene, ma a gennaio di quest’anno si sono interrotti i pagamenti, nonostante io abbia avuto il congedo fino a tutto il 2023. Ho chiesto notizie nelle scorse settimane all'azienda e mi è stato risposto che tutti i pagamenti sono stati sospesi. Anche i miei. Quindi io sono senza stipendio e non posso garantire le terapie Aba indispensabili al mio bambino che mi costano almeno 800 euro al mese. Non solo: ho chiesto che mi vengano date della anticipazioni dal fondo complementare Fonchim in base al mio Tfr, ma anche questa possibilità mi è negata perché Baritech non ha versato alcune quote e tutto è stato bloccato».

Leonardo scuote la testa. Mentre parla non toglie mai gli scuri occhiali da sole. In alcuni momenti la voce trema, con un suono che quasi esce a fatica. «Non ho lavoro, non ho soldi, non ho la possibilità di garantire il sosteno indispensabile a mio figlio. Ti senti in trappola. Ormai sono senza soldi e purtroppo ho dovuto fermare le terapie al mio bambino. La Asl non mi copre in alcun modo i costi che sono notevoli. Io sto usufruendo di queste terapie da ormai 5 anni, avevo dei rimborsi che dopo tre anni vengono progressivamente diminuiti, ormai riesco a riottenere meno del 20% di quanto si spende. Capita che mi dicano: ma non hai risparmi? Quando hai un figlio disabile non sai neanche cosa significhi la parola risparmio. Le necessità sono tante, tantissime. Ti trovi a rincorrere tutto quello che possa garantirgli una esistenza dignitosa, un modo per alleviare il suo deficit. No, il sistema sanitario nazionale non copre nulla. Se dovessi far conto solo su quanto la Regione mi garantisce, mio figlio non avrebbe alcuna possibilità».

Il piccolo è down, in più ha un autismo grave di terzo grado. Il girone delle diagnosi, dei medici, visite specialistiche e poi il tunnel degli esperti. Alla fine credi di aver trovato almeno una chiave per comunicare e invece si rivela una illusione: non hai i soldi necessari per continuare a sperare non che tuo figlio diventi normale, ma che almeno possa comunicare con te.

«Il mio bambino è nato prematuro. Pesava solo mezzo chilo. Durante il periodo in ospedale ha avuto tre crisi dalle quali i medici l'hanno salvato per miracolo. Non sappiamo se l'autismo è conseguenza di quello che ha passato nelle sue prime settimane, ma ora la situazione è questa. E io che sono il suo papà non sono in grado di proteggerlo. Sta regredendo a vista d'occhio. La sua pensione di invalidità è assolutamente insufficiente per tutte le necessità. Mio figlio viene seguito da una equipe, due terapiste ed una psicologa che stabilisce periodicamente cosa deve essere fatto. Ora mi trovo nella necessità di dover elemosinare che qualcuno continui a seguire mio figlio».

Attorno a Leonardo si stringono i colleghi. «L'azienda si sta comportando in un modo che non riusciamo neanche a definire – dicono i lavoratori -. Stiamo facendo dei passi legali per cercare di proteggerci. Ci è negata la possibilità di chiedere anticipi al Fondo complementare perché non hanno versato alcune quote. Ci stanno mettendo il coltello alla gola. Ci siamo consultati con alcuni avvocati e abbiamo deciso di impugnare i licenziamenti. Se l'azienda si irrigidisce nella sua decisione siamo pronti ad andare davanti ad un giudice, per chiedere il sequestro conservativo dello stabilimento al fine di tutelare i nostri crediti di lavoratori. Non c'è di mezzo solo il Tfr, vogliamo che siano messe in luce le responsabilità di Baritech in questa vicenda. Ci sono mensilità non versate e quote non date ai Fondi sanitari e previdenziali. Non siamo morti. Combattiamo. Per noi stessi e le nostre famiglie. E soprattutto siamo pronti a richiamare tutti i politici che hanno fatto passerella e fatto promesse che ora sembra si siano sciolte come neve al sole».

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