Trasporti

Sbloccati i lavori Nodo ferroviario di Bari. Consiglio di Stato: «Ma quali rischi ambientali, solo una casa da espropriare»

Massimiliano Scagliarini

Può ripartire il cantiere per spostare la Statale 16. I giudici mettono fuori gioco il Comune di Noicattaro e le associazioni ambientaliste

BARI - La casa di famiglia che sorge nell’area di lama San Giorgio merita tutela, ma non può bloccare i lavori del nodo ferroviario di Bari anche per non mettere a rischio i fondi del Pnrr. A tre settimane dalla sentenza del Tar che ha annullato l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dalla Regione Puglia, il Consiglio di Stato fa ripartire i cantieri e chiarisce – ancora una volta – che in questa vicenda non sono in gioco motivi ambientali, ma solo un edificio che potrebbe trovarsi troppo vicino ai binari.

(i binari che tagliano in due Madonnella e Japigia)

Un’ordinanza del presidente della Quarta sezione del Consiglio di Stato ha accolto ieri il ricorso urgente di Rfi, che gestisce l’appalto da 370 milioni di euro, emettendo un decreto monocratico: i lavori possono riprendere, ma – in attesa della discussione nel merito dell’appello, fissata al 12 gennaio – devono stare a 500 metri dalla casa di famiglia, quella dei sette residenti di Triggiano che hanno presentato ricorso e avevano anche fondato un comitato «ambientalista» per provare a sostenere che in quella lama c’è un eden da tutelare. Non c’è. Ma il giudice Ermanno de Francisco ha ritenuto, a differenza dei suoi colleghi che già a luglio sospesero l’ordinanza del Tar di Bari, che il «principale edificio di abitazione di proprietà dei soggetti privati ricorrenti» meriti «di ricevere la tutela più piena, quantomeno allorché essa non implichi pregiudizio veruno al sollecito svolgimento, in potenza, dei lavori relativi all’opera pubblica di cui trattasi, ma unicamente esponga le parti pubbliche coinvolte nella relativa realizzazione a un immediato esborso di denaro (e peraltro di entità neppure maggiore, almeno astrattamente, di quello che sarebbe infine comunque dovuto in esito al procedimento espropriativo)». Per risolvere il grande problema della lama attraversata dai binari (e quello della retorica dell’ambientalismo di facciata), insomma, basta pagare.
Il progetto del nodo ferroviario, atteso in Puglia da 20 anni, vale 391 milioni di cui 204 del Pnrr e serve a spostare lontano dal mare i binari che tagliano in due Bari, eliminando il «collo d’oca» tra Japigia e Madonnella: vanno costruiti 10 km di nuova linea (con tre nuove stazioni: Campus, Executive e Triggiano) dalla stazione centrale di Bari verso San Pasquale e di qui, attraversando la statale 16, prima verso Triggiano e poi verso la costa fino all’altezza della stazione di Torre a Mare (che si trova nel territorio di Noicattaro). I lavori sono a circa un terzo, e il primo stop del Tar (quello poi revocato da Palazzo Spada) ha già provocato sei mesi di ritardo: il traguardo del 2026, per non perdere i fondi, è ormai a rischio. Dopo la prima ordinanza, il governo Draghi ha emanato un decreto legge ad hoc (poi non convertito, ma di fatto confermato per via ordinaria), per rendere più difficili ricorsi come questo che sfidano l’interesse della collettività per motivi patrimoniali. E infatti una legge di luglio impone che nelle decisioni cautelari riguardanti appalti del Pnrr «si tiene conto della coerenza della misura adottata con la realizzazione degli obiettivi e il rispetto dei tempi di attuazione» del piano straordinario europeo.
Già da domani Anas potrà richiamare l’appaltatore per terminare gli 800 metri di strada statale he valgono 17 milioni e sono completati all’80%. Entro fine anno doveva essere tutto finito, ma se ne riparlerà a giugno 2023, con pari disagio per gli automobilisti. L’appalto principale, quello per i 10 km di nuova linea, ha al momento registrato circa 100 milioni di pagamenti per opere accessorie ed espropri. Il Consiglio di Stato ieri ha detto che il problema di Lama San Giorgio può essere risolto in due modi: o con l’esproprio («ovviamente al valore di mercato» precedente al progetto) di tutti gli immobili nell’area di 500 metri dai binari, oppure con una proposta vincolante di acquisto da parte di Rfi al «giusto prezzo» che sarà stabilito successivamente. Il giudice ha però spazzato via buona parte della retorica di questi ultimi mesi: al Comune di Noicattaro, quello che più si agita sul palcoscenico (retto da una amministrazione grillina), ha ricordato che l’opera è «ubicata prevalentemente in agro del finitimo Comune di Triggiano che non è parte in causa», alle «associazioni ambientali» invece che non esiste nessun parco della lama e che la questione riguarda motivi di ricorso dei proprietari dell’immobile «che si appuntano e si fondano, essenzialmente, nel loro ricordato diritto dominicale». Chiaro? Niente orchidee, niente carrubi, niente natura da tutelare. In questa storia di sviluppo bloccato il problema sono solamente i soldi.

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