il fenomeno

Bari, prosegue la saga del «botto» senza regole

Luca Natile

Non c’è festa senza fuochi d’artificio rigorosamente illegali, un problema di ordine pubblico a Japigia

BARI - Per San Nicola, Santa Claus e i «mammasantissima». Tra devozione, ritualità, messaggi subliminali della camorra e business illegale. I fuochi d’artificio sono scenografici, tengono tutti con il naso all’insù, ad ammirare un tripudio di boati e di colori. Se ne possono acquistare liberamente nei negozi autorizzati. Ma non tutti sono a norma e a Bari sono diventati un caso di ordine pubblico. Un «fenomeno» fuori controllo che ha messo in moto la macchina della pubblica sicurezza. No botti (illegali), no party». Non c’è festa di compleanno, di laurea, di matrimonio, di prima comunione, non c’è «free party» in discoteca senza fuochi d’artificio, rigorosamente non autorizzati.

E poi quando la festa è troppo «cool» (alla moda, fantastica) capita che vie, piazze e vicoli da venga no espropriati per fare spazio al divertimento. Sono entrati a far parte dei codici della malavita. Strumenti di comunicazione diventati anche business sommerso in grado di generare piccoli profitti, sufficienti a creare reddito. Esiste una catena di botteghe clandestine di botti illegali, piccole santa barbara gestite da una rete di venditori legati al mondo della criminalità comune o organizzata. piccola polveriera.

Piccole polveriere gestite da gente che un tempo faceva il contrabbando di sigarette. Un mercato nero che utilizza gli stessi canali di approvvigionamento e spesso la stessa manovalanza.

L’uso e l’abuso dei botti a Bari è diventato un problema. I cieli della città si illuminano per 12 mesi all’anno, accesi da fuochi clandestini. La gente è stanca e preoccupata. E poi c’è il problema sanitario. I fuochi d’artificio sono una gioia per gli occhi ma lo sono un po’ meno per le vie respiratorie. La combustione può aumentare in misura notevole, almeno per breve tempo e a livello locale, la concentrazione di polveri fini. In particolare in presenza di basse temperature o di inversione termica le particelle sospese rimangono a lungo nell’aria. Infine c’è la potenziale minaccia all’incolumità di chi rischia di trovarsi sulla «linea di tiro» e venire investito dalla deflagrazione. Senza dimenticare l’effetto spavento sugli animali domestici e non solo.

Succede a Carrassi, al San Paolo, a Bari Vecchia, a San Girolamo, a Japigia, a Madonnella, a Libertà, a San Pasquale. Batterie di fuochi che infiammano il cielo nel cuore della notte, piazzate nei punti topici dei quartieri affinché il messaggio subliminale giunga forte e chiaro a tutti. Agli affiliati del clan e ai rivali, alla gente comune e, perché no, anche alle forze dell’ordine, per ribadire che la camorra ama festeggiare anche e soprattutto quel genere di eventi che sanciscono la sconfitta dello Stato. Che i picciotti amino festeggiare le ricorrenze importanti per la «famiglia», servendosi dei fuochi è un fatto risaputo: nascite, battesimi, comunioni, matrimoni. Poi c’è La festa per il «mammasantissima» uscito di galera che torna a casa (un modo per avvertire tutto il vicinato: «Lui è di nuovo tra noi», un' altra battaglia è stata vinta davanti ai giudici); l’arrivo di una partita di droga; una nuova alleanza di sangue; la morte o la carcerazione di un rivale. Festa è rumore, naturalmente fuorilegge perché manca sempre l'autorizzazione di pubblica sicurezza; impartire un comando; lanciare una intimidazione. Ma è anche un modo, per le famiglie di camorra, di rivendicare il controllo del territorio, per spaventare gli avversari, per rimarcare la propria presenza dominante in alcune zone. Un modo per dire «Siamo qui! Continuiamo a comandare! Non vi libererete di noi». E la gente comune si adegua, usa lo stesso «codice» di comunicazione, si esprime con le stessa atteggiamento arrogante e sfacciato. Durante le feste, poi, l’apoteosi del trash.

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