La storia

Bari, l’ex killer con il pollice verde: «La malavita m’ha illuso, non sono più quel sanguinario»

Isabella Maselli

Il 50enne Giuseppe Annoscia vuole avviare un progetto per giovani a rischio devianza

NOICATTARO - È stato ribattezzato «il sanguinario» di Poggiallegro, condannato per mafia e per 11 omicidi commessi tra il 1997 e il 1998. Ha trascorso complessivamente quasi 27 anni in carcere e oggi si dice «cambiato». «Ho pagato il mio debito con la giustizia. Mi dispiace per quello che ero, non sono più quella persona». A parlare è Giuseppe Annoscia, 50 anni, soprannominato «Scuppid». L’ex boss di Noicattaro con il pollice verde racconta, senza farsi sconti, il suo «sanguinario», come lo definivano i giornali dell’epoca, passato criminale, ma anche come il carcere lo abbia cambiato. Oggi sta mettendo anche in piedi un progetto, già presentato al Comune di Noicattaro, per gestire con un agronomo del posto un pezzo di terra pubblica, nell’ambito del più ampio programma degli «Orti Urbani», «coinvolgendo - spiega - ragazzi a rischio devianza. Voglio cercare di restituire un po’ di quello che ho tolto e che ho imparato, dando a me stesso e ad altri la possibilità di fare del bene».

IL PASSATO CRIMINALE Annoscia ha visto per la prima volta le sbarre di una cella appena 18enne, nel 1990, per furto. Cresciuto nel quartiere Libertà, quattro fratelli, papà carpentiere e pescatore, a 14 anni faceva il sommozzatore negli specchi d’acqua davanti Bari Vecchia, ha anche preso il brevetto. «Ma ero affascinato da certi contesti. All’epoca quasi non vedevo l’ora di andare in galera. - ammette - Ne ho combinate tante, ero la disperazione di mia madre, che poi è finita pure nei guai per colpa mia. Sono stato un birbante della strada, facevo soprattutto piccolo spaccio».

La sua storia è cambiata - in peggio - quando, qualche anno dopo, la famiglia si trasferì in una casa popolare nel residence di Poggiallegro, alla periferia di Noicattaro. «Decisi di prendere il mano la gestione della droga. Mi ero montato la testa. La malavita mi aveva illuso» racconta. Così è cominciata la sua scalata al potere criminale. Nel 1993 ci fu il primo blitz e Annoscia, allora 21enne, finì di nuovo in carcere. Tornò libero nel 1996. Con il sodale Giuseppe Cardinale (poi ucciso in un agguato nel 2003) «fondammo un clan, il clan di Poggiallegro», entrando presto in conflitto con i gruppi mafiosi limitrofi per il controllo dello spaccio di droga.

La sera del 19 marzo 1997 «cercarono di uccidermi. Mia moglie finì in ospedale, perse il bambino per lo spavento di quel tentato agguato. Questo scatenò la mia ira, decisi che dovevo difendere il mio sangue. Da quel momento abbiamo fatto paura a mezza Bari».

Undici omicidi in due anni. Il 17 settembre 1998 tornò in cella, dopo due mesi di latitanza. Aveva 26 anni e tre figli. «Quella sera, a pochi minuti dall’arresto, vidi pistole e lampeggianti davanti alla mia macchina sulla Statale 16 - ricorda - dissi al mio autista di accostare, ero consapevole di quello che mi aspettava, guardai il mare e dissi: ciao libertà». Ha rischiato fino a 7 ergastoli, tanti ne chiese la Dda per lui, ma tra riti abbreviati e patteggiamenti in appello, oltre a buona condotta, la detenzione termina l’8 dicembre 2017. Quello stesso anno i suoi due figli finirono in carcere. E anche lui, nel 2020, è tornato di nuovo in cella per circa 7 mesi e poi ai domiciliari col braccialetto elettronico per 2 anni, per una tentata estorsione all’azienda di rifiuti di Noicattaro.

IL RISCATTO «Ho commesso un errore. Ho chiesto scusa. Non sbaglierò ancora, ho imparato la lezione». È libero dal 28 giugno 2022. «Nei tanti anni di carcere - continua il racconto - ho studiato, ho preso la licenzia media e fino al terzo anno di ragioneria, ho fatto corsi di computer, teatro, artigianato, legno, cucina. Lì ho cambiato testa, ho provato belle emozioni. Non voglio tornare a essere il Giuseppe Annoscia di un tempo. Quella mia storia è passato, anche se qualcuno continua a usare il mio nome per fare affari illeciti». Il riferimento è ad un recente blitz per una sparatoria avvenuta a Noicattaro nel giugno scorso. Negli atti si parla di «clan Annoscia». «Con le persone della sparatoria non ho mai avuto a che fare, li conosco, ma non ho niente a che vedere con i loro fatti illeciti - spiega - e poi il clan Annoscia non esiste più da vent’anni. Ho pagato, a caro prezzo, ora basta. Oggi mi sto riscattando, ho un asinello, un cavallo, un maialino, caprette e cinque cani, mi dedico all’uva in campagna e ho un piccolo orto. Con i sacrifici, stringendo la cinghia, sto cercando di fare cose belle. Mi piacerebbe lavorare in una masseria. Il mare e la campagna sono i miei luoghi. Mia moglie il pilastro della mia vita».

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