Dai mercati
Bari, caro spesa senza fine con l’incognita Natale
Già pochi gli acquisti. Il timore sono i rialzi per le festività
Il viaggio tra le bancarelle e i carrelli con la stessa ossessione, l’ossessione del «13». Non del magico, e ormai storico, numero al Totocalcio ma il nuovo punto record dell’inflazione su Bari e sulla Puglia. Che per la precisione viaggia a un più 13,2 per cento per i beni alimentari. Frutta e verdura in primis.
È una impresa far quadrare i conti con la spesa che in queste settimane condiziona i baresi. Tra rincari (spesso illogici) e possibili offerte da non lasciarsi sfuggire, per tentare di tornare a casa con le buste meno leggere rispetto a quando si è usciti di casa.
E così in un venerdì novembrino piovoso e scorbutico, il tour della spesa si concentra in due mercati giornalieri molto popolari del quartiere Libertà, corso Mazzini e l’ex Manifattura Tabacchi di via Nicolai. Dove tra offerte, cartelli e «promozioni» a voce alta degli operatori i prezzi si assomigliano tutti, segnando un leggero calo rispetto ai ben più salati settembre e ottobre. E forse anche al resto della città.
Il risultato? Zucchine a un euro e 50 al chilo (quasi un miracolo), finocchi freschi anche a un euro, cavoli baresi a un euro e cinquanta centesimi e frutta che non supera i due euro. Due euro per un chilo di banane, un euro per i mandarini il cui prezzo sale di cinquanta centesimi se si sceglie il formato più grande.
E se per frutta e verdura bisogna necessariamente attrezzarsi di pazienza e di banconote, sembra procedere ad andamento molto lento la vendita dei prodotti ittici. Con bancarelle a fine mattinata ancora piene del pescato del giorno che nell’ordine mette in fila gli 8 euro per le triglie, 10 euro al chilo per il pesce sarago, 15 euro per seppie e salmone e 16 euro per i più proibitivi scampi.
«Tutta roba fresca, dei nostri mari ma che resta qui», dice rassegnato un giovane pescatore del mercato di corso Mazzini mentre getta altra acqua sulla sua bancarella. Tra lo sguardo per nulla intenerito dei clienti, presi dalla fretta di andar via per non cadere nella tentazione di spendere qualcosa in più.
Stesse scene anche in via Nicolai con gli spazi della ex Manifattura che intorno alle ore 12 già si presentano vuoti e spettrali. Di clienti se ne vedono ben pochi.
E che i numeri non siano né dalla parte dei consumatori e né dei produttori lo certifica Coldiretti Puglia: «È anche crisi profonda nei campi dove bisogna vendere 5 chili di arance per comperare un caffè. La forbice dei prezzi tra produzione e consumo aumenta da tre fino a cinque volte dal campo alla tavola, mentre crescono i prezzi al dettaglio dei prodotti alimentari nel carrello con aumenti che vanno dal più 6,5 per cento per la frutta fino al più 25,1 per le verdure».
Insomma, scenari non proprio incoraggianti soprattutto in vista delle spese alimentari per l’arrivo del Natale.
«Con l’inflazione record – insiste Coldiretti Puglia – i pugliesi sono costretti a tagliare gli acquisti, mentre le aziende agricole non riescono neanche a coprire i costi di produzione, con la forbice che si allarga a dismisura dal campo alla tavola, facendo passare le bietole dal campo a 0,50 euro ai banchi a 1,90 euro al chilo, la cicoria cimata da 0,60 euro in campagna a 4,80 euro al consumo o la melanzana in campo aperto quotata a 0,60 agli agricoltori e rivenduta a 3,60 euro al chilo».