L'intervista
Bari, «Impossibile il porta a porta ovunque»
Persichella: «Funziona in alcuni quartieri, nel Murat diventerebbe difficile e costoso»
Si fa presto a dire raccolta dei rifiuti porta a porta in tutti i quartieri. «Dipende dalle zone, dal territorio, persino da aspetti sociali ed economici». Insomma, c’è quartiere e quartiere. Parola di Sabino Persichella, presidente dell’Amiu, l’Azienda municipalizzata di igiene urbana di Bari.
Presidente, per una città come Bari è ipotizzabile estendere il porta a porta ovunque?
«Pensare ad una raccolta dei rifiuti urbani omogenea per tutto il territorio non va bene. Occorre un’analisi zona per zona sulla situazione concreta. E su questo abbiamo iniziato a lavorare non da oggi».
Come?
«Analizzando le situazioni nei singoli quartieri e approfittando dei finanziamenti previsti dal Pnrr sui nuovi sistemi di raccolta. Così abbiamo definito 10 progetti. In zone periferiche come Ceglie, Loseto, Carbonara, Santa Rita o come il Quartierino la raccolta differenziata porta a porta funziona. In altre zone, come Murat, diventava difficile e costoso».
Cosa emerge dall’analisi?
«Sono state molto utili le interlocuzioni che il sindaco Decaro, nella sua veste di presidente Anci, ha avuto con i suoi omologhi di alcune città simili rispetto a Bari per dimensioni e conformazione del territorio. Dal confronto è emerso che un mix tra porta a porta, raccolta di prossimità con cassonetti interrati, isole ecologiche, cassonetti intelligenti con un “riconoscimento” del cittadino che conferisce il rifiuto attraverso una scheda, funziona».
Rapporto costi-ricavi, come si individua il miglior punto di sintesi possibile?
«Il porta a porta costa di più rispetto alla raccolta stradale. Come sta emergendo in Commissione consigliare al Comune, a Bari non si potrà fare ovunque, costerebbe troppo. Inoltre, Se devo tenere in casa la plastica per quattro giorni sino al ritiro, un conto è se vivo in 160 metri quadri e un balcone, altro è se vivo in un monolocale».
E allora, quali sono le soluzioni alternative?
«Nel murattiano saranno realizzate 14 isole ecologiche interrate. All’esterno si vedrà solo il totem, sotto finiranno i rifiuti. Naturalmente spetta al Comune stabilire esattamente in quali punti realizzarle. Dipende da vari fattori, dalle reti sotterranee ad eventuali rischi idrogeologici. Nelle aree di pregio è giusto eliminare i cassonetti dando a residenti e commercianti soluzioni alternative come il ritiro domiciliare per le utenze non domestiche. Con il cartone abbiamo già iniziato, il prossimo passo sarà l’organico che incide per il 70% dei rifiuti prodotti dai ristoratori. Già oggi, alle 24, raccogliamo il cartone fuori dai ristoranti tutti i giorni, alle 20 tocca alle altre utenze non domestiche come i negozi. Il servizio sarà esteso anche nella zona Umbertina, regno della movida e dei locali. Se elimino i cartoni dei supermercati, riduco il riempimento del 50%».
Novità sui cassonetti?
«Abbiamo un sistema di rilevamento dei cassonetti georeferenziati. Grazie a un progetto Pon, insieme con il Comune di Bari stiamo lavorando a un sistema di chip da posizionare su tutti i cassonetti. A regime, l’operatore che segue il percorso digitalizzato deciderà di non fermarsi per il ritiro perché saprà in anticipo lo stato riempimento. Al Libertà il progetto prevede cassonetti stradali a carico laterale, di grandi dimensioni che oggi si usano per l’indifferenziato e che saranno dedicati a tutte le frazioni. Si tratta di cassonetti pesanti, resistenti, difficili da spostare».
In che modo la tecnologia può aiutare il sistema raccolta dei rifiuti?
«Tutte le modalità di raccolta avranno applicazioni su smartphone o una tessera. L’obiettivo è diversificare le tariffe: chi differenzia di più, paga di meno e non viene sanzionato».
La percentuale della raccolta differenziata è l’unico parametro che consente di stabilire se un servizio è efficiente?
«No. Prendiamo l’organico. A me interessa il dato reale, ovvero: di quelle tonnellate di organico raccolte, qual è la percentuale di purezza del rifiuto? Perché se nell’organico, come è capitato, troviamo un forno a microonde, diventa un problema. Il vero nodo è capire l’obiettivo».
In che senso?
«Il vero tema sulla differenziata è stabilire a cosa serve. Liberare le strade dai cassonetti per una questione estetica e di odori?».
Non saprei, qual è la sua idea?
«Le isola ecologiche, con un piccolo totem sul piano stradale e tutto il resto sottoterra risolvono il problema, ma non si può utilizzare questo sistema ovunque. Se i cassonetti sono puliti e non c’è disordine magari non danno poi così fastidio».
E allora, qual è il vero nodo?
«Principalmente economico. La differenziata serve a proteggere l’ambiente come dice l’Unione Europea. L’indifferenziato che finisce in discarica inquina e fa aumentare i costi. La Ue ha fissato come obiettivo il conferimento in discarica solo del 10% dei rifiuti. E questo entro il 2035. Tutto il resto dovrà essere riutilizzato, la filosofia sarà sempre di più quella della vera economia circolare. Ecco perché la “purezza” del rifiuto conterà sempre di più. Inoltre, chi differenzierà di più pagherà meno rispetto a chi non la fa e sarà anche sanzionato».
Può essere più specifico?
«Se il vetro è contaminato con plastica, prima deve essere lavorato e questo comporta un costo. Una tonnellata di organico viene pagata ad esempio 40 euro, ma se è contaminato, ne vale 20. Se la qualità del rifiuto plastica fosse migliore, guadagnerei 10 volte di più. Più pulite sono le frazioni, più incasso. Insomma, se la raccolta differenziata è fine a se stessa, non serve a nulla. La vera sfida è pensarla in chiave di economia circolare. Una percentuale di raccolta dell'80%, faccio un esempio, è un dato che da solo non significa molto. Bari è intorno al 40%, un dato basso. A parte il fatto che l’obiettivo per fine 2022 è arrivare al 50%, la percentuale cittadina dei rifiuti che poi vanno in discarica è solo del 32%. Insomma, siamo più vicini al 10% di rifiuto in discarica fissato dall’Europa rispetto a un Comune che, paradossalmente, arriva al 90% di differenziata ma con una percentuale elevata di rifiuti impuri».
Contratto di servizio tra Comune e Amiu, dopo 20 anni è arrivato il momento di firmarne un altro?
«L’ultimo contratto risale al 2001. La scadenza è fissata a giugno per effetto dell’ennesima proroga. Gli uffici ripartizione ambiente stanno per definire il nuovo accordo di servizi che tenga conto dell’evoluzione della città negli ultimi 20 anni. Il contratto del 2001 è stato aggiornato con schede aggiuntive, ma, per fare un esempio, allora non c’erano tutti i giardini e i parchi che ci sono oggi».
L’Autorità di regolazione per l’energia le reti e l’ambiente, Arera, ha imposto tariffe calmierate. Come si sta regolando l’Amiu sul fronte bilanci e utili che non si possono registrare?
«Siamo stati tra i primi che sin dal 2020, abbiamo predisposto il Pef, piano economico finanziario, sulla base dei criteri di Arera nonostante le proroghe ci consentissero di posticipare al 2021. La contabilità, grazie al grande lavoro degli uffici, ci consente di allinearci subito ai nuovi criteri. Ma bisogna anche intendersi su ciò che fa un’azienda di igiene urbana. La manutenzione delle fontane, faccio un esempio, o il disserbamento non rientrano tra i nostri compiti. Se ci vengono chiesti, si pagano a parte».
Personale, il concorso entra nel vivo.
«Sono stati pubblicati gli elenchi degli ammessi alle prove preselettive della procedura di selezione per autisti ed operatori ecologici promossa da Amiu. Per due anni siamo stati bloccati a causa del covid e non siamo riusciti a garantire il turnover dei dipendenti in pensione, Appena si è parta finestra, abbiamo provveduto. Entro fine maggio contiamo di chiudere la procedura».