il caso

Altamura, «Non soffocò la figlia in ospedale»: Adesso Difonzo va scarcerato

Luca Natile

La richiesta di libertà è stata depositata dai difensori, dopo che la Corte di Cassazione ha accolto i motivi di ricorso e ha annullato la sentenza di condanna all’ergastolo

ALTAMURA - Ora il ritorno in libertà. È stata depositata ieri mattina dai difensori di Giuseppe Difonzo, 34 anni, di Altamura, accusato di aver ucciso volontariamente e con premeditazione sua figlia Emanuela di tre mesi, soffocandola nel sonno durante la notte tra il 12 e il 13 febbraio del 2016, la richiesta di scarcerazione.
Condannato all’ergastolo dai giudici della Corte di Assise di Appello di Bari il 9 settembre del 2020, venerdì scorso la suprema Corte di Cassazione, accogliendo i motivi di ricorso presentato dai difensori dell’imputato, gli avvocati Donato Carlucci e Gabriele Raimondi, hanno disposto l'annullamento con rinvio della sentenza di condanna all’ergastolo. Si rende quindi necessario un nuovo giudizio di merito davanti ad altra sessione dello stessa Corte di Assise di Appello di Bari.
Per stabilire una volta per tutte se Giuseppe Difonzo è effettivamente colpevole o innocente come lui ed i suoi avvocati dichiarano, bisognerà attendere una nuova pronuncia, destinata a sostituire quella annullata dalla Cassazione lo scorso 18 marzo. Per una migliore comprensione delle ragioni che hanno indotto la Suprema Corte a questa decisione si attende di conoscerne le motivazioni. Impugnando il verdetto di condanna infatti gli avvocati Carlucci e Raimondi hanno sollevato numerose eccezioni riguardati diversi aspetti che vanno dalla fondatezza degli indizi di colpevolezza alla qualificazione giuridica del fatto reato. Il 34enne di Altamura che si trova rinchiuso nel carcere di Lecce, tornerà presto in libertà.
I giudici della Corte di Assise, nel 2020 accolsero l'appello della Procura sulla qualificazione dei reati, ritenendo l'uomo colpevole di omicidio volontario premeditato e non preterintenzionale, e di due tentati omicidi. Stando alle indagini dei Carabinieri, coordinate dalla ex pm di Bari Simona Filoni (adesso procuratore minorile a Lecce), Difonzo avrebbe soffocato la figlia Emanuela durante un ricovero in ospedale.
La piccola era nata in ospedale nell'ottobre del 2015 ed vi era tornata a più riprese, per 67 giorni complessivi, in circa tre mesi a causa di crisi respiratorie provocate, secondo l’accusa, sempre dal padre. In altre due occasioni, prima di soffocarla, l'uomo avrebbe tentato di ucciderla in casa: il 19 novembre 2015, quando la bambina aveva un mese, e il 10 gennaio 2016.
Difonzo è affetto dalla «sindrome di Munchausen per procura». Si tratta di una condizione psichiatrica che prende il nome dall'omonimo barone tedesco vissuto nel XVIII secolo, famoso per la sua spasmodica tendenza a raccontare gesta inventate e inverosimili con il solo scopo di attirare l'attenzione. Una sindrome che spinge chi ne è affetto a fare del male ad altri per attirare l'attenzione su di sé. Difonzo è detenuto per la morte della figlia dal novembre 2016. Al termine del processo di primo grado era stato condannato a 16 anni di carcere. All'epoca era già rinchiuso per violenza sessuale su una minorenne, una 14enne figlia di amici di famiglia, per la quale è stato condannato con rito abbreviato alla pena di 3 anni di reclusione.

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